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Estremismi, social media, visioni femminili e la fine del mandato Trump

Si sta per aprire una nuova era nella storia americana, eppure la vecchia guardia fatica a lasciare la presa. Il cambiamento passerà forse attraverso le azioni delle comunità social e delle donne?

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Se il 2020 ci è sembrato un'unica, immensa allucinazione collettiva, dove tutti gli scenari più assurdi e surreali si sono avverati (cerchiamo di riderci su a questo punto), pare che in quest'alba di 2021 la storia non voglia smettere di stupirci: il 6 gennaio, quella che doveva essere una semplice operazione di routine, la ratificazione della vittoria di Joe Biden e Kamala Harris (di cui abbiamo parlato qui) a Capitol Hill, sede del Congresso, si è trasfigurata in uno scenario da Far West, così grottesco e assurdo, da sembrare essere uscito da un film.

Un gruppo di sostenitori di Trump ha infatti preso d'assalto il Congresso per contestare la veridicità dei voti che hanno portato alla vittoria di Biden: nonostante fossero previste proteste, nessuno si poteva aspettare l'onda violenta di questi soggetti, che scavalcando il muro della polizia, sono riusciti a irrompere dentro Capitol Hill, seminando violenza e inciviltà, con la morte di quattro persone, decine di feriti e ore di sgomento e terrore. Si è trattato a tutti gli effetti di un attacco terroristico.

Se andiamo a studiare i profili di questi “manifestanti” troviamo un impasto malefico di gruppi di estrema destra, suprematisti bianchi (terrificanti le scene in cui sono stati denigrate le Black Lives Matter, come la finta messa in scena della morte di George Floyd), complottisti che non credono all'esistenza del Covid-19 e ovviamente può mancare la misoginia di chi ha invaso l'ufficio di Nancy Pelosi, speaker della Camera, considerata oppositrice di Trump, per mettere i piedi sulla sua scrivania? Non mi sembra neanche il caso di stupirsi.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Kamala Harris (@kamalaharris)

Come non deve stupirci l'atteggiamento di Trump nei loro confronti: se da un lato troviamo un suo vuoto appello ad abbandonare la violenza, dall'altro abbiamo un presidente che esorta pubblicamente i suoi sostenitori a contestare presunti brogli elettorali, che li spinge ad abbandonare il Campidoglio ma allo stesso tempo li apostrofa con un “We love you. You're very special”?

Messaggi pericolosi e contraddittori, che amplificati dai social non possono che avere risultati disastrosi. Dunque cosa è successo: per la prima volta nella storia Twitter ha cancellato alcuni tweet del ormai ex-presidente, in cui venivano denunciati i presunti brogli, ha poi bloccato il suo account per 12 ore, minacciando una sospensione permanente, in caso di una nuova violazione delle regole della piattaforma, mentre Facebook e Instagram hanno preso una decisione decisamente più radicale, bannando Trump dal proprio account per un tempo indefinito o come si legge in una comunicazione di Mark Zuckerberg “almeno per due settimane, fino a che la transizione pacifica di potere non sarà completata”.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da CNN Politics (@cnnpolitics)

Si tratta di provvedimenti mai presi prima e che testimoniano quale è oggi il poter dei social media nel plasmare le opinioni pubbliche. Nel bene o nel male è ormai assodato che le idee circolano sulla rete a una velocità vertiginosa, che siano vere o false. I social hanno una natura fondamentalmente democratica: hanno permesso a gruppi marginalizzati, a comunità che hanno sempre faticato a far ascoltare la sua voce in ambiti mainstream, come le minoranze etniche, le comunità femministe e LGBTQ di farsi sentire e creare community dove assumono un ruolo di primo piano ma allo stesso tempo, e l'abbiamo visto in particolare in quest'ultimo anno, hanno dato spazio a gruppi che inneggiano a populismo, complottismo e a odio. In passato non sono mancate critiche, in particolare a Facebook, su una poca reattività nell'eliminare commenti e gruppi che incitano all'odio. Che questo episodio straordinario vada ad innescare un nuovo circolo virtuoso? Staremo a vedere.

Un altro punto importante riguarda la reazione delle donne della scena politica americana. Innanzitutto, non possiamo non citare, tra tutte le foto agghiaccianti dei vari seguaci di Trump, vestititi a Carnevale, lo scatto delle due impiegate del Senato che con grande sangue freddo e dignità hanno portato in salvo le urne del Collegio Elettorale per la certificazione dei voti, insieme a tante altre colleghe e colleghi.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Angry Neighborhood Feminist (@angryneighborhoodfeminist)

C'è la condanna ferma di Nancy Pelosi, la già citata speaker della Camera, che auspica una rimozione immediata di Trump, per evitare che nei prossimi ed ultimi 13 giorni di mandato si verifichino altri disordini e poi ci sono le donne vicine all'ex-presidente e le loro reazioni.

Da un lato Stephanie Grisham, la portavoce di Melania Trump (la cui posizione e pensieri sono da sempre oggetto di discussioni, come ne abbiamo già parlato qui e che viene considerata prossima al divorzio), che ha rassegnato le sue dimissioni in seguito ai disordini di Capitol Hill, così come Sarah Waters, vice-segretario stampa della Casa Bianca. E poi c'è Ivanka, figlia e consigliera di Donald, che in un tweet ora cancellato invita i manifestanti a cessare ogni violenza, ma li apostrofa come “patriots”. In un altro tweet chiarisce, dicendo semplicemente che chi protesta pacificamente è un patriota. Ora, non c'è forse una leggera contraddizione in questo discorso?

Sembra quasi che Ivanka abbia introiettato la mentalità del padre, che spesso mette in campo ragionamenti contraddittori, con una pacificazione solo superficiale ma un nucleo di idee spesso discutibile. Un nucleo che si riassume sotto l'etichetta di populismo e che è solo apparentemente a favore della gente e contiene, proprio come i manifestanti che hanno attaccato il Congresso, un insieme di idee alimentate da ignoranza e grettezza, a cui forse Ivanka, che in quanto donna, una categoria che non ha proprio goduto della più grande considerazione sotto l'amministrazione Trump, dovrebbe opporsi. Ma così non è stato evidentemente, anche se, chissà, ci può essere sempre spazio per un cambiamento. E speriamo di vederlo presto con la nuova amministrazione Biden-Harris.