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Essere una donna bionda e avere la pretesa di far ridere: intervista a Giada Biaggi

NB: titolatura ironica

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L’industria della comicità sforna da anni format televisivi, social e programmi sulle piattaforme streaming che soddisfano davvero diversi gusti. Ma hanno tutti una comune: il ruolo dell’uomo come centrale.

La figura della donna comica ad oggi in Italia è ancora poco vagliata e se pensiamo che questa possa essere anche di bell’aspetto, facciamo fatica ad immaginarla.

Ma, dato che ho scovato sui social Giada Biaggi che risponde a tutti i requisiti sopracitati, ho deciso di farci due chiacchiere così da approfondire questa figura mitologica (che probabilmente potreste cominciare a vedere più spesso di Nessy a Loch Ness).

 
 
 
 
 
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Quando hai deciso di fare la comica?

Devo dirti che sono sempre stata molto simpatica, anche a scuola ho sempre avuto il ruolo di intrattenitore. 

Poi un giorno su Netflix ho scoperto Katherine Ryan: Glitter Room, una serie che mi ha fatto conoscere la cabarettista canadese. È stato incredibile perché lei mi somigliava anche fisicamente e usciva dallo stereotipo di comica italiana per il quale “se fai ridere non puoi essere bella e se sei bella non puoi far ridere”.

C’è un problema di rappresentazione quindi…

Esatto, e poi all’epoca, ben 6/7 anni fa la comicità in Italia era rappresentata esclusivamente da programmi come Zelig, quindi puoi immaginare che non mi riconoscessi nel mondo della stand up comedy.

Che hai di diverso da loro?

Beh io sono un’appassionata di filosofia e mi piace riportarla anche nelle mie esibizioni. Diciamo che ho uno stile ironico ed intellettuale al contempo. Mi piace parlare di femminismo ed abbattere diversi tabù tramite la mia arte.

Filosofia?

Sì, volevo fare l’accademica, pensa te! Studiavo filosofia analitica, ma era un ambiente troppo chiuso e poco creativo per me.

Filosofa comica o comica filosofa?

Che dire, non ci sono molti modelli che mi aiutino a darti una risposta netta. Sono una precorritrice in quest’ambito. Non avere modelli è difficile ma anche stimolante.

Ok, e poi che è successo?

Poi ho cominciato a fare qualche esibizione a Milano. All’inizio, per provare, mi sono proposta a tanti di quei circoli di scappati di casa.

 
 
 
 
 
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Ahaha, tu? Così fancy ad esibirti in un centro sociale?

Beh sì, si deve pur partire in qualche modo. Poi però ho direzionato meglio il tiro e ho cominciato a costruire un repertorio. Poi l’anno scorso ho organizzato con un amico, uno spettacolo all’Apollo sempre a Milano che ha avuto molto successo. Da lì mi sono detta: posso farcela.

Come funziona il tuo lavoro?

Sono in una fase punk, ho da poco un’agente ad aiutarmi. Quello con cui sono in tour ora è il mio primo spettacolo ufficiale e l’ho costruito mettendo insieme i miei best of, dandogli una struttura più drammaturgica.

Qual è l’aspetto più faticoso?

Vivere la fase che sto vivendo ora: la pre celebrità.

So che hai scritto un libro.

Ho scritto un romanzo che si intitola Il bikini di Sylvia Plath, è uno scritto umoristico e filosofico, ovviamente. Racconta di una relazione di sexting tra una laureanda di storia dell’arte e un curatore milanese che si vanta di lavorare solo con artiste donne. Pink washing? Sì. 

 
 
 
 
 
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E ora ne stai scrivendo un altro.

È sempre un romanzo. Parla di una ragazza a cui muore il padre, ambientato negli anni ’10. La protagonista possiede anche una pagina Tumbrl. Di più non ti dirò.

Giada perché se pensiamo alla figura del comico pensiamo subito ad un uomo?

La donna ancestralmente è percepita come un oggetto ed un oggetto che parla è un’antitesi per definizione. Solitamente quando le donne salgono al potere e si deoggettificano assumono degli “atteggiamenti virili”, tipo vestirsi da uomo. 

L’uomo viene percepito più tutto: più giornalista, più medico, più avvocato ed anche più comico. 

Che ne pensi di “Che Tempo che fa”

Che sia una narrativa di sinistra della stessa solfa. L’uomo conduce, la donna bella sta ferma e seduta e la donna divertente non è propriamente rappresentazione di un modello estetico apprezzato.

Bellezza e intelligenza stridono?

È una cavolata ma è così. Pensa che invece in Francia ci sono dei filosofi sex symbol, ed ho sentito dire che vanno a letto persino con l’ex Première Dame Carla Bruni.

I temi dei tuoi spettacoli?

Direi che sono tutti autobiografici. Milano e lo status di single sono delle tematiche molto ricorrenti. Parto da ciò che conosco e poi confondo le acque.

Ho inventato un personaggio Pasolina, l’intellettuale da Rai 3, metto gli occhiali e parto. 

 
 
 
 
 
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Quali situazioni quotidiane ti ispirano?

Io attacco bottone con tutti e questo mi aiuta. Poi uso Tinder per reclutare disagiati con cui uscire e avere informazioni sul tessuto sociale. È divertente, dovresti provare.

I tuoi comici preferite?

Chloe Fineman del Saturday Night Live, Ali Wong, Samantha Irby. Uomini Ricky Gervais, ho aperto Twitter solo per lui.

Italiani?

Non mi piace il loro approccio alla comicità in generale. Ma se dovessi scegliere: Nanni Moretti.

La comicità ha altri obiettivi oltre far ridere? 

Certo. Per esempio io cito i filosofi, dai miei spettacoli si può anche imparare.

 

Image Olimpia Taliani de Marchio