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Due chiacchiere con il team di Junk, brand di eyewear sostenibile

Dal nylon agli occhiali da sole e vista

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Pochi giorni fa abbiamo incontrato i ragazzi di JUNK, brand eyewear emergente, che basa la sua vision sull’eco-sostenibilità, producendo i modelli da plastica riciclata, dal ripescaggio di reti da pesca e una parte dai tappeti, ma anche da scarti industriali. Ci hanno raccontato del progetto partendo dall’idea, arrivando ai dettagli della produzione e finendo agli obiettivi futuri.

 
 
 
 
 
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JUNK nasce da un team eclettico di giovani talenti con background diversi. Raccontateci di più su chi siete, la nascita del brand e il percorso che vi ha portato fino ad oggi. 

L’idea del progetto JUNK nasce tre anni fa, grazie alla ricerca continua di materiali sostenibili, utilizzati principalmente per la produzione di grucce e  manichini per i negozi di abbigliamento.

Dopo anni di idee il team di JUNK ha deciso di produrre gli occhiali proprio con quei materiali, ovvero la plastica riciclata. Inizialmente, trovare la composizione giusta non è stato facile, ma dopo vari tentativi siamo arrivati all’obiettivo. Il focus è quello di utilizzare prodotti eco-sostenibili ed essere più trasparenti possibile sul materiale usato, ma anche mantenere lo stile fashion e pop del prodotto. 

A livello comunicativo non volevamo essere mainstream, ma puntare su un approccio modaiolo e fluido che si lega al processo di scioglimento della plastica, ma fa riferimento anche all’acqua, in quanto parte di questi materiali sono recuperati proprio da mari e fiumi. 

Anche il nome non è scontato, infatti abbiamo giocato proprio con la parola spazzatura.

Cosa significa fare occhiali sostenibili?

Il focus del nostro progetto è chiaro: sostenibilità.

Spesso però è più semplice dirlo che farlo. Le spese di produzione sono alte, per trovare la formula giusta ci vuole tempo e dedizione.

 
 
 
 
 
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Qual è la differenza tra pensare sostenibile e fare sostenibile ed è costoso?

Basta pensare che per produrre un occhiale con la plastica riciclata il costo aumenta dalle 4 alle 5 volte rispetto ad un occhiale normale, come anche i tempi di produzione che si moltiplicano. 

Quindi sì, c’è un’enorme differenza tra fare e pensare sostenibile. Il costo varia anche a seconda dei canali di vendita, infatti noi di JUNK abbiamo deciso di vedere solo online. Il costo dei rivenditori sarebbe andato alla stelle. 

Se doveste descrivere JUNK con un aggettivo. 

POP, ovvero Positive and Optimistic Point of View.

 
 
 
 
 
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Il modello di occhiali che più rappresenta JUNK. 

Il modello che sta andando per la maggiore è June, perché ha un’estetica molto anni ‘90, ma quello che davvero ci rappresenta è la parte dedicata agli occhiali da sole.

Diteci di più sul processo di riabilitazione della plastica. 

La plastica prodotta è 100% nylon e 100% riciclato, di cui una parte dal ripescaggio di reti da pesca e una parte dai tappeti, ma anche da scarti industriali. A differenza del normale riciclo della plastica, dove ad ogni passaggio di produzione perde le sue caratteristiche meccaniche, il nostro processo di rigenerazione le mantiene completamente inalterate, infatti, possono essere rigenerate anche 100 volte, il risultato sarà sempre lo stesso. 

 
 
 
 
 
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In un panorama dove produrre in modalità green è un presupposto quasi imprescindibile, quale sarà secondo voi il prossimo step?

Cercare di non sviluppare nuove collezioni ogni anno, proprio per contrastare il fast fashion e non andare in contrapposizione con il focus iniziale, ovvero quello della sostenibilità, così da utilizzare uno stampo per gli occhiali il più a lungo possibile.

Il prossimo passo di JUNK?

Il prossimo passo di JUNK sarà quello di introdurre 7 nuove colorazioni e anche nuove forme, come delle gocce che danno una texture differente al prodotto. In più probabilmente tra un anno usciranno anche le lenti sostenibili.

Un’altra novità per noi molto importante è quella di far diventare JUNK una benefit company, dove il profitto è fondamentale però non deve essere l’unica ragione per esistere.

 
 
 
 
 
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