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“Crouch, bind, set!”: inizia il Sei Nazioni di rugby

Al via la 129° edizione del torneo, la 24° da quando tra i partecipanti si è unita l’Italia. Ripercorriamo la storia della competizione, svelando curiosità e promesse future

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Per cinque settimane, dal 4 febbraio al 18 marzo, gli occhi degli appassionati di sport saranno puntati sull’Europa. Cardiff, Edimburgo, Dublino, Londra, Parigi e Roma, saranno le capitali di uno dei tornei più importanti del mondo della palla ovale: il Sei Nazioni. Cinque turni per un totale di quindici partite (di queste, tre si giocheranno all’Olimpico: il 5 febbraio contro la Francia, il 25 contro l’Irlanda e l’11 marzo con il Galles), ognuna delle quali regalerà ottanta minuti di puro spettacolo.

 
 
 
 
 
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L’evento ha radici lontane e nel tempo non sono mancate le trasformazioni. La prima edizione risale al 1883, quando le quattro federazioni rugbistiche facenti parti del Regno Unito diedero vita all’Home Nations Championship: prima e unica competizione internazionale di rugby a 15 del mondo, al suo esordio trionfò l’Inghilterra. L’inizio del XX secolo è ricordato come un periodo di assestamento, durante il quale non mancarono controversie circa l’organizzazione del campionato e persino sulle regole dello sport: inventato appena sessant’anni prima, il rugby era ancora nella sua fase embrionale e alcune dinamiche del match non erano ancora state normate.

Poco prima dei due conflitti mondiali, durante i quali l’evento si interruppe, l’Home Nations inizia a espandersi oltre la Manica: con la partecipazione della Francia all’edizione del 1910 infatti, nasce il Cinque Nazioni. Per arrivare all’attuale struttura, invece, bisognerà aspettare il nuovo millennio: nel 2000 viene ammessa l’Italia, dopo anni di grandi risultati internazionali e grazie all’impegno dei dirigenti della F.I.R. (Federazione Italiana Rugby).

 
 
 
 
 
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A oggi, il Sei Nazioni si articola in un girone all’italiana di sola andata, alla fine del quale si decreta il vincitore grazie a una classifica: quattro punti in caso di vittoria, il pareggio ne vale due e la sconfitta zero. Esistono poi dei punti bonus in base al numero di mete fatte o alla striscia di risultati positivi. La squadra che vince tutte le partite, oltre ad alzare la coppa, viene insignita del titolo Grande Slam. In ogni edizione vengono poi assegnati trofei accessori come la Calcutta Cup, in palio tra Inghilterra e Scozia; la Triple Crown tra le nazionali britanniche; il Trofeo Giuseppe Garibaldi conteso dalle due squadre transalpine (dalla sua istituzione nel 2007, solo due volte è stato vinto dall’Italia). Anche per la squadra perdente esiste un trofeo simbolico, il Cucchiaio di legno, appesantito dal titolo Whitewash (letteralmente “andare in bianco”) se questa ha perso tutte le partite giocate: l’antitesi del Grande Slam, di cui l’Italia è stata purtroppo investita per ben undici volte.

A oggi, questo il palmarès del torneo:

  • Galles: 39 vittorie, 12 con Grandi Slam.
  • Inghilterra: 39 vittorie, con 13 Grandi Slam.
  • Francia: 26 vittorie, con 10 Grandi Slam.
  • Irlanda: 22 vittorie, con 3 Grandi Slam.
  • Scozia: 22 vittorie, con 3 Grandi Slam.
  • Italia: 0 vittorie.
 
 
 
 
 
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Il rugby è uno sport in cui tradizioni, omaggi e simboli abbondano: un esempio su tutti, la storia dietro ai loghi delle squadre, veri e propri concentrati di storia e leggende.

I Dragoni del Galles portano al petto le tre piume di struzzo, blasone del principe di Galles. La leggenda vuole che Edoardo il Principe Nero, dopo aver sconfitto il re di Boemia nel 1346, adottò le piume esotiche, che decoravano l’elmo del suo nemico, come stemma nobiliare. 

La nazionale inglese abbandona i classici tre leoni e rispolvera la rosa rossa dei Tudor: per maggiori dettagli, cercare sui libri di scuola la tanto studiata (e odiata) guerra delle due rose. Anche i Bleus si rifanno alla tradizione, questa volta riscoprendo le radici celtiche dei Galli, adottando il gallo rosso come stemma.

I giganti delle Highlands invece mostrano con orgoglio il cardo, emblema nazionale. Come mai proprio questo fiore? Leggenda vuole che un’invasione vichinga fu sventata grazie a questi fiori: gli invasori giunsero scalzi agli accampamenti scozzesi, per un maggior effetto sorpresa. Pungendosi con le spine del cardo però, urlarono di dolore, furono scoperti e ricacciati alle loro navi.

Anche l’Irlanda punta sul mondo vegetale: lo Shamrock, il trifoglio che secondo il mito, fu usato da San Patrizio per spiegare la Trinità nella sua opera di evangelizzazione dell’isola. Un simbolo che lega l’Irlanda intera: nonostante le storiche tensioni tra EIRE e Irlanda del Nord, la squadra di rugby rappresenta le quattro province (Connacht, Leinster, Munster e Ulster), unite nello sport.

Infine gli Azzurri, che optano per il classico scudetto tricolore, attorniato da foglie dorate.

 
 
 
 
 
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Ora che conosciamo le origini del Sei Nazioni, qual è il suo passato prossimo? A che punto l’abbiamo lasciato nel 2022?

La 128° edizione si è chiusa con il trionfo della Francia, che ha conquistato anche il suo decimo Grande Slam. Ennesimo fondo classifica per la nazionale italiana allenata da Kieran Crowley: il risultato però è passato in secondo piano, perché l’ultima partita ha regalato emozioni indimenticabili, alimentando le speranze per il futuro. Galles-Italia si è conclusa 21-22 (storica prima vittoria in casa dei Dragoni di Cardiff), decisa negli ultimi minuti: una volata sulla fascia di Ange Capuozzo, estremo classe ‘99, impreziosita da un paio di dribbling, ha consegnato nelle mani di Edoardo Padovani la meta decisiva. Ci ha pensato poi Paolo Garbisi, da calcio piazzato, a sorpassare e siglare il trionfo.

 
 
 
 
 
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L’edizione che sta per iniziare vede i campioni in carica nuovamente favoriti, anche se nulla è ancora deciso: attenzione agli scozzesi, a caccia della prima coppa da quando il torneo si disputa in sei; favoriti dai bookmaker anche gli irlandesi. Se le premesse sono quelle dell’ultima partita contro i gallesi, anche l’Italia potrà riservare grandi giocate, dimostrando di essere una realtà in crescita e un vivaio di talenti incredibili. Non resta che aspettare il fischio d’inizio e buttarsi nella mischia: Crouch, bind, set!

Image Dave Adamson on Unsplash