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Censura: viaggio attraverso lo strumento cardine della manipolazione dell’uomo per arrivare alla guerra Russia-Ucraina

Dal Medioevo ai giorni nostri, se prima la censura era usata come protezione verso qualcosa di oltraggioso e immorale, col tempo è diventata un’arma per nascondere segreti pericolosi e verità scomode.

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La paola “censura”, secondo il dizionario Treccani, deriva dal latino ed indica “l’ufficio del censore, il giudizio, l’esame”. Nell’Antica Roma, il censore era infatti un magistrato incaricato non solo di compiere il censimento, quindi di registrare i cittadini e le loro proprietà, ma anche di esaminare, criticare e biasimare la loro condotta, i costumi, le opere e le azioni.

Alla censura però vengono attribuiti, sempre dallo stesso dizionario, altri significati che trasportano il termine al XX secolo, ossia a quello che più comunemente intendiamo oggi.

“2. a. Esame, da parte dell’autorità pubblica o dell’autorità ecclesiastica, degli scritti o giornali da stamparsi, dei manifesti o avvisi da affiggere in pubblico, delle opere teatrali o pellicole da rappresentare e sim., che ha lo scopo di permetterne o vietarne la pubblicazione, l’affissione, la rappresentazione, ecc., secondo che rispondano o no alle leggi o ad altre prescrizioni. Con sign. concr., l’ufficio stesso che è addetto all’esame. b. Controllo che in periodo di guerra (e, in qualche nazione o in determinate contingenze, anche in tempo di pace) l’autorità politica e militare esercita sulla corrispondenza proveniente dall’estero o da zone militari, o ivi diretta, e anche sulla corrispondenza fra privati in genere, per impedire lo spionaggio o la diffusione di notizie militari o depressive del morale delle truppe e della popolazione civile, quando non sia addirittura rivolto (come avviene in paesi a regime totalitario) a reprimere la libera espressione e circolazione delle idee”.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Treccani (@treccanigram)

È semplice: censurare qualcosa vuol dire vietarne l’uso e la diffusione perché considerato sbagliato, pericoloso o immorale.

Per anni Chiesa, Stato, dittatori, regimi e società stesse hanno censurato libri, opere, quadri, film, canzoni e pubblicità, suscitando in realtà ancora più curiosità verso tutto quello che era ritenuto proibito.

L’Index Librorum Prohibitorum, in latino “indice dei libri proibiti”, era l’elenco ufficiale creato nel 1559 da papa Paolo IV che riportava tutte le opere vietate dalla Chiesa cattolica, e che venne soppresso solamente nel 1966. Scrivo solamente perché sebbene sembri un fenomeno medievale ormai superato da tempo, in realtà sono passati poco più di 50 anni.

Nell’elenco erano presenti non solo gli scritti dei più alti filosofi come Bacon, Kant, Cartesio, Spinoza o Rousseau, ma anche scienziati come Galileo Galilei, la traduzione in lingua straniera e volgare della Bibbia e alcuni tra i più importanti autori italiani e non: da Balzac a Defoe e da Foscolo a Leopardi… sapevate che il “Decameron” di Giovanni Boccaccio, opera cardine della letteratura italiana ed oggi testo scolastico, fu per molti anni censurato?

 
 
 
 
 
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Anche la storia dell’arte è periodicamente oggetto di critica e censura.

Uno dei casi più eclatanti? L’opera del 1863 di MonetColazione sull’erba” venne considerata scandalosa dalla critica perché raffigurava una ragazza nuda accanto a due uomini borghesi. La nudità della ragazza era considerata oltraggiosa non solo perché andava ad intaccare la morale degli uomini “per bene” raffigurati a fianco a lei, ma anche perché la nudità nell’arte era stata usata fino a quel momento per rappresentare divinità o personaggi allegorici. Lo stesso quadro che la società parigina si rifiutò di esporre oggi risiede in uno dei musei più visitati al mondo.

Altro artista perseguitato da censura è l’austriaco Egon Schiele. Pilastro dell’Espressionismo, Schiele ha dedicato la sua carriera alla rappresentazione dell’erotismo, degli istinti carnali dell’essere umano e delle sue passioni più intime, a volte oscure e violente. Una sessualità  esplicita rappresentata da soggetti crudi e per niente sensuali, Schiele dipinge su tela la parte più intima e segreta dell’animo umano, parte che spesso spaventa e viene repressa. Ecco perché anche nel 2018, quando l’ente del turismo di Vienna realizza manifesti da affiggere nelle capitali europee con le opere dell’artista per promuoverne la mostra, vennero rifiutati.

 
 
 
 
 
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Se si parla di cinema molte sono le pellicole censurate o alle quali in alcuni paesi sono state tagliate delle scene: da “Arancia Meccanica” di Kubrick a “Ultimo Tango a Parigi” di Bertolucci, e dalla commedia “Una Settimana da Dio” a “Il Codice Da Vinci”.

La stessa cosa avviene anche in campo musicale: “God Save the Queen” dei Sex Pistols, “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, il rumoroso caso di “Fuck Tha Police” dei N.W.A che aprì le porte alla musica rap, il video di “I Want to Break Free” dei Queen perché considerato “troppo omosessuale” e Lady Gaga stessa, che oltre a vedere i suoi dischi ritirati da Libano e Cina, non può più entrare nel paese Orientale.

Ecco che il carattere dittatoriale e poco democratico di un Paese esce fuori.

Se pensiamo alla censura nella storia, uno dei primi casi che ci viene in mente è con la dittatura fascista durante la Seconda Guerra Mondiale.

Strettamente legata alla propaganda, la censura fu lo strumento utilizzato da Hitler e da tutto il regime nazi-fascista per controllare popolazione e informazione. Non solo la censura fascista bannò libri e opere di autori ebrei, ma tutti i media tedeschi come radio, cinema e giornali erano totalmente controllati dai nazisti, e per i cittadini ascoltare o guardare trasmissioni straniere era considerato un reato punibile in tribunale. Questo perché la paura che le informazioni esterne potessero minacciare la morale dei cittadini, ormai isolati da tutto, era alta.

Sia in entrata che in uscita, il regime attuò un severo controllo anche sulle informazioni che uscivano dalla Germania: in tempi di guerra molti Paesi censurano il pubblico accesso all’informazione in modo che dati di importanza strategica non finiscono nelle mani nemiche.

 
 
 
 
 
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Ma se le democrazie occidentali sembrano essersi evolute - si sa, la storia serve per imparare e non ripetere gli errori del passato - la stessa cosa non si può dire per la maggior parte dei paesi asiatici.

Il giornalista cinese Chang Ping, collaboratore del New York Times e redattore di diversi quotidiani cinesi, è stato esiliato dal suo Paese a causa di quella che lui stesso definisce lotta contro “la Grande Muraglia della censura del Partito Comunista Cinese.

Vittima di minacce e di controllo oppressivo del governo, Ping ha dovuto far fronte al rapimento dei suoi familiari in seguito ad un articolo sul Deutsche Welle in cui chiedeva apertamente le dimissioni del presidente Xi Jinping.

Secondo l’Rsf, Reporter Senza Frontiere, nell’attuale classifica sulla libertà di stampa la Cina è infatti al quartultimo posto. La cosa non ci sorprende, basta pensare a tutte le informazione tenute nascoste riguardo il virus Covid-19 e la pandemia, al fatto che lo Shanghai Pride e tutti i temi relativi alla comunità lgbti+ sono stati cancellati o anche più banalmente alla rete parallela di social media che chiude il Paese del Sol Levante e lo isola.

 
 
 
 
 
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Arriviamo infine alla Russia, Paese dal fascino imperiale che ha dato i natali ad alcuni tra i personaggi più celebri di storia, letteratura, musica, danza e non solo, ed è considerata una vera e propria potenza mondiale.

La più grande nazione al mondo, a cavallo fra due continenti: la storia russa si divide fra Zar e Comunismo, caduto definitivamente nel 1991 a seguito della disgregazione dell’URSS e della nascita della Comunità degli stati indipendenti.

Quando verso la metà degli anni 80 il Presidente russo Gorbaciov arrivò al Cremlino, l’Unione Sovietica dava già i primi segnali di cedimento. Con un’economia pianificata non più funzionale,  la sconfitta afghana ed una nazionalità sempre più indipendente delle singole repubbliche, Gorbaciov decise di attuare diverse riforme, avvicinandosi all’Occidente, ma con l’obiettivo di salvaguardare l’Unione multinazionale sovietica. Sintetizzate anche con la parola “glasnost”, ossia trasparenza, le riforme prevedevano, tra le altre cose, libertà di informazione, riduzione del controllo sia militare che politico dei Paesi satelliti e trattati con gli Stati Uniti per il disarmo dei missili.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Confronti (Mag&StudyCenter) (@confronti_magazine)

A distanza di neanche 40 anni, e quindi ai tempi odierni, troviamo una situazione completamente diversa. Lo Stato Sovietico non esiste più, a favore delle singole repubbliche indipendenti, e l’attuale Presidente della Federazione, Vladimir Putin, ha dato uno schiaffo alle libertà e alle promesse del glasnost.

Con lo scopo di ricostruire e ripristinare l’egemonia russa, Putin ha riportato la guerra in Europa,  con missili e distruzione, rivendicando l’Ucraina e minacciando chiunque provi ad ostacolarlo.

Se è vero che le grandi guerre arrivano dopo grandi epidemie per sfruttare la debolezza economica e morale della popolazione, è vero anche che l’operazione di Putin non è stata partorita in una notte, ma è frutto di anni di preparazione.

Ecco che ritorniamo alla censura, strumento che ha sicuramente agevolato l’ascesa del puntinismo: il controllo dell’informazione, gli accordi politici strategici ed una rete di oligarchi a suo favore, Putin ha velato l’immagine della Russia sia agli occhi del mondo esterno, che ai russi stessi. Cosa sappiamo sul genocidio di circassi e armeni? Su Abcasia e Ossezia? Su Crimea e Donbass? Sul conflitto ceceno? Sull’omicidio a Mosca della giornalista Anna Politkovskaja? Sapevate che esiste una pagina Wikipedia chiamata “Giornalisti uccisi in Russia”?

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Vladimir Putin Владимир Путин (@leadervladimirputin)

Oggi grazie ai social abbiamo una percezione più ampia della realtà, abbiamo le prove dell’invasione e della violenza militare russa, dei missili, di edifici e ospedali colpiti e le testimonianze delle vittime.

Una situazione, quella di oggi, che ci riporta in parte al fascismo, con il cartone propaganda di Vanya e Kolya, trasmesso a scuola ai bambini russi per spiegare quello che sta succedendo dal punto di vista del Cremlino, in parte alla politica di isolamento adottata dalla Cina dove Putin conduce una guerra parallela contro i social media, ordinando la censura totale del popolarissimo Instagram e creandone uno interno.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Aziz AnsariNotSorry (@slumdog_thousandaire)

Come tutti gli altri dittatori, Putin veste i panni dell’antico censore romano e usa la censura come strumento per cambiare la percezione delle cose e dei fatti, sfruttando l’ignoranza e l’ineducazione delle persone per traviarne la morale. Come diceva anche Che Guevara, un popolo ignorante è un popolo facile da ingannare favorendone la manipolazione.

Da un’opera d’arte a un fatto di cronaca, la censura cela e nasconde verità minacciose, e se a volte ci sentiamo impotenti di fronte a certe situazioni, come quella che sta avvenendo in Ucraina, l’unica cosa che possiamo fare è informarci e restare informati, perché la cultura è l’unica cosa che nessuno potrà mai portarci via.