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Caro affitto ti scrivo…: realtà e prospettive

Il gesto di Ilaria Lamera ha sollevato il problema degli affitti nelle grandi città; i più colpiti sono sicuramente gli studenti universitari. Quali sono le soluzioni messe in atto?

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Da campus a camping universitario il passo è breve; a farlo è stato il gesto di Ilaria: dai primi di maggio dorme in una tenda di fronte al Politecnico di Milano, in segno di protesta contro l’insostenibile situazione degli affitti nel capoluogo lombardo. Un’iniziativa che si è allargata anche ad altri atenei italiani, tra i quali Napoli, Venezia, Parma, Roma: “volevo fare tutto questo casino però non me l’aspettavo assolutamente”, afferma la ventitreenne bergamasca ai microfoni di ANSA. Ma di fronte a questo casino, quali sono le risposte delle istituzioni? Quanto è grande il problema del caro affitti oggi?

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da La Terna Sinistrorsa Polimi (@la_terna_sinistrorsa)

Partiamo dall’università, in particolare da Milano, essendo nell’occhio del ciclone: UniMi offre 1193 posti letto suddivisi in 9 strutture a fronte di 60 mila studenti iscritti. La situazione non migliora negli altri atenei italiani (fonte Ustat Miur, a.a. 2021/22 e rapporto CNSU 2022. I numeri riportati riguardano solo le università statali):

  • Piemonte: 125 mila iscritti, 60 mila residenti fuori provincia, 2365 alloggi (3,94%).
  • Lombardia: 214 mila iscritti, 123 mila residenti fuori provincia, 5211 alloggi (4,23%).
  • Emilia-Romagna: 166 mila iscritti, 90 mila residenti fuori provincia, 3535 alloggi (3,9%)
  • Lazio: 183 mila iscritti, 59 mila residenti fuori provincia, 2088 alloggi (3,53%).
  • Campania: 155 mila iscritti, 58 mila residenti fuori provincia, 1376 alloggi (2,35%).
  • Sicilia: 102 mila iscritti, 37 mila residenti fuori provincia, 1665 alloggi (4,41%).

Dati preoccupanti, che dimostrano quanto i fuorisede si trovino completamente abbandonati dalle istituzioni, le quali dovrebbero agevolare il loro percorso di studi.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Unilab Svoltastudenti (@unilab.svoltastudenti)

Per chi non riesce a ottenere uno di questi prestigiosissimi posti letto, si prospetta la giungla del mercato immobiliare delle grandi città, raccontata magistralmente dalla pagina Instagram unterroneamilano, nella tragicomica rubrica Aff(l)itti a Milano. Pochi quelli che sopravvivono al Jumanji meneghino: affitti stellari per veri e propri sgabuzzini, con angolo cottura, spigolo cesso e qualche cm2 per la zona notte; annunci truffa e parcelle da capogiro. Capitolo a parte meriterebbero le condizioni delle case e di sovraffollamento di alcune di esse. Per coloro che escono al primo turno del gioco, non rimane che incamminarsi sul viale del pendolarismo.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Stefano Maiolica (@unterroneamilano)

Negli anni, non sono mancate alternative e idee originali per ovviare a questo grave disagio. I progetti di housing sociale sono sicuramente una valida alternativa: spesso finanziati da enti privati, permettono a studenti e studentesse di accedere a canoni d’affitto calmierati. Un esempio virtuoso è Cascina Fossata a Torino: finanziato dal Fondo Abitare Sostenibile Piemonte (FASP), promosso dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, è un progetto che, oltre a offrire 251 posti letto, concilia politiche di social housing a interventi di riqualificazione delle periferie.

 
 
 
 
 
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Bologna punta invece sull’intergenerazionalità: Confabitare - Associazione Proprietari Immobiliari, da oltre dieci anni propone il progetto Nonni adottano studenti: gli anziani bolognesi aprono le loro case e accolgono gli studenti; in cambio questi offrono compagnia e assistenza. Un progetto nato per contrastare sia il fenomeno dell’affitto in nero che quello delle truffe ai danni della popolazione anziana.

Analoga è l’iniziativa Prendi in casa uno studente promossa dall’associazione MeglioMilano per avvicinare persone per un aiuto reciproco e un confronto costruttivo: le famiglie milanesi accolgono studenti e lavoratori non residenti nel capoluogo, senza chiedere un canone d’affitto ma un contributo minimo alle spese familiari (250-280 euro mensili).

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Prendi in Casa (@prendiincasa)

Senza dubbio realtà virtuose e nobili, che tamponano però un problema di cui dovrebbero occuparsi le istituzioni. A tal proposito: qual è stata la risposta del Governo di fronte alla protesta degli universitari?

Già a gennaio 2022 (Governo Draghi), il Ministero dell’Università e della Ricerca annunciò un piano d’investimento da 467 milioni di euro, trecento dei quali finanziati col PNRR, per la realizzazione di strutture residenziali universitarie: un bando che si innesta su un progetto più ampio da 960 milioni totali, che pone l’obiettivo di “portare il numero degli alloggi per studenti universitari dagli attuali 40.000 a oltre 100.000 entro il 2026.

L’attuale Governo, dopo il gesto di Ilaria, ha istituito una task force interministeriale con il compito di individuare il costo medio calmierato per ogni posto letto a livello territoriale, tenendo conto dei valori di mercato di riferimento, delle tipologie degli immobili e del livello di servizi offerti. Inoltre, è prevista una riduzione del 15 per cento a determinare il costo finale per posto letto. Successivamente: prima annuncia lo sblocco immediato di 660 milioni previsti sempre dal PNRR, tramite un emendamento al decreto PA; poi viene fatto slittare (qualcuno direbbe viene ritirato) al prossimo D.L. per questioni di attinenza materiale. Il tutto nel giro di pochi giorni: la vicenda si commenta da sola.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Ministero Università e Ricerca (@mur_gov_)

Al di là dell’imbarazzante balletto istituzionale di questi giorni, a cui si aggiungono le ipocrite passerelle solidali dei politici di fronte al Politecnico di Milano, il problema ha radici lontane. Da decenni non si ascoltano le esigenze di giovani e studenti, che non sono messi nelle condizioni di poter studiare. Mancano politiche che contengano i folli canoni d’affitto (la cedolare secca al 10% è una timida soluzione ma non può essere l’unica); contratti e paghe che permettano di conciliare studio e lavoro; una visione a lungo termine per ripensare i modelli delle città universitarie, nell’ottica di creare campus extraurbani che alleggeriscano il mercato immobiliare dei centri cittadini.

Bisogna sperare che la protesta di Ilaria e dei suoi compagni sia il primo passo, che lasci un segno e non venga dimenticata troppo in fretta.

Image Danilo Garcia Di Meo