A colloquio con Florenzia Andreola, fondatrice di Sex & the City, l’associazione che studia come redistribuire gli spazi urbani per cancellare il gap di genere
“Il lavoro di sensibilizzazione che stiamo facendo insieme alle nostre alleate è immenso”. Florencia Andreola ha una laurea in architettura. Nel 2020 con Azzurra Muzzonigro fonda Sex & the City, un’associazione di promozione sociale che si occupa di urbanistica di genere. Studiano le città mettendo al primo posto l’esperienza nello spazio pubblico. Variabile in base al genere, all’età e alle condizioni economiche.
“Oggi prestiamo consulenza alle amministrazioni pubbliche. Adottiamo metodi partecipativi per restituire spazio collettivo alle donne. Facciamo camminate esplorative nei quartieri problematici con le residenti e definiamo insieme a loro potenziali miglioramenti. Le ascoltiamo per capire come rendere la città un’estensione della loro casa”.
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Tra le città in Europa più evolute sul tema si distinguono Vienna, considerata la mecca a cui ispirarsi, Barcellona grazie all’operato dell’ex sindaca Ada Colau Ballano e Umeå, piccolo polo svedese che ha ripensato agli spazi lavorando sulle politiche della notte. “In Italia siamo ancora parecchio indietro. Fa eccezione solo Bologna che con la vicesindaca Emily Clancy sta cercando di prestare particolare attenzione al tema. Una vera e propria attivista nella macchina amministrativa, poverina” sorride Florencia.
Bisogna partire dalla consapevolezza che gli spazi pubblici sono meno utilizzati dalle donne rispetto agli uomini. Perché? A Vienna, ad esempio, hanno scoperto tramite focus group – gruppo di partecipanti accuratamente selezionati che contribuiscono ad aprire discussioni per la ricerca – che i parchi, i giardini e le piazze non sono pensati per le donne. I luoghi collettivi sono stati, dunque, ridisegnati in forma partecipativa e definiti per diversi target: aree giochi per bimbi molto piccoli e per ragazzini più grandi, campi da basket, zone relax con amache. Il tema dei bagni pubblici, poi, è molto più sentito dal genere femminile.
Nella capitale austriaca l’obiettivo è avere servizi gratuiti durante la notte e per i minori di 14 anni. “In Italia manca un po’ la politica del bene comune mentre all’estero è più diffusa” continua la co-founder di Sex & the City e autrice di “Libere, non coraggiose”, libro uscito lo scorso 6 marzo edito da Lettera Ventidue. “Lo abbiamo scritto per mettere a fuoco la questione della sicurezza in città. Dal punto di vista del genere chiaramente. Tentiamo di decostruire la narrativa che orbita intorno alle donne, capendo che cosa la alimenta e come viene strumentalizzata. L’obiettivo è portare sempre più corpi femminili nello spazio pubblico. Lo rendono più sicuro”.
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Tra i tanti paradossi sulla sicurezza in città, il primo è che le donne hanno paura delle persone sconosciute nonostante la maggior parte delle violenze avvenga in ambiente domestico. Poi che le città europee con il tempo sono diventate sempre più sicure nonostante il mondo dell’informazione tenda a dipingerle come tante Gotham city. O ancora la narrazione collettiva dei corpi fragili delle donne contribuisce a renderle fragili. “I nostri corpi sono dei corpi abili, usiamoli e abituiamoci a pensarli come tali” sottolinea Andreola. Le app che monitorano le zone più e meno sicure per le donne rischiano di diventare più divisive che inclusive. Mappare una zona secondo la percezione della singola significa indicare zone inavvicinabili. E quindi ancora più pericolose. Si pensa di dare maggior libertà alle donne ma in realtà si impedisce loro di andare dove vogliono.
Sull’8 marzo i pareri sono contrastanti. “Sicuramente la giornata viene spesso strumentalizzata. Ma è anche un’occasione per le attiviste e le femministe di scendere in piazza” ammette Florencia. “Sarebbe bello diventasse un giorno di sciopero come in Islanda. Da un lato c’è la violenza domestica ma dall’altro c’è il lavoro domestico non retribuito. Una vera e propria tragedia”.
Per le mostre sulla storia femminile e le strade da intitolare alle donne (il 9% in Europa secondo Mapping Diversity) il tempo non manca: c’è tutto il resto dell’anno.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios