Intervista sull’inflazione al Dott. Francesco de Angelis
Andare a fare la spesa riserva ogni giorno una sorpresa, l’oscillazione dei prezzi sta andando fuori controllo. Acrimonia ha chiesto a un esperto di finanza, il Dott. Francesco de Angelis, già presidente dell’Associazione Italiana Consulenti Finanziari, come funziona il mercato dei prezzi.
Dott. De Angelis, buongiorno, ci può spiegare in parole semplici come nasce l’inflazione?
L’inflazione, per una famiglia, è l’aumento di prezzo dei beni e dei servizi che normalmente si acquistano, è il cosiddetto “paniere dei consumi”.
Non tutti gli aumenti dei prezzi (inflazione) nella storia hanno cause identiche,
ad esempio i prezzi possono aumentare perché c’è più richiesta di un prodotto che magari in quel momento è scarso sul mercato (c’è meno od uguale produzione dell’anno precedente ma la domanda è aumentata). Immagini il prezzo delle ciliegie quando la grandine ha rovinato i raccolti o il prezzo della benzina perché la guerra impedisce l’acquisto ed il trasporto del petrolio
Una causa differente d’inflazione dei prezzi per le famiglie è data dalla diminuzione del valore della moneta con cui si comprano i beni.
Se la valuta con la quale compro un prodotto (specie se estero) vale di meno rispetto alle altre valute potrò comprare con la stessa quantità di valuta una minor quantità di prodotto.
Quand’è, nella storia dell’umanità, la prima volta in cui si inizia a parlare di inflazione, in quale periodo?
L’inflazione esiste da millenni ed è legata alla natura stessa della moneta. Le monete di metallo sono state “inventate” da un popolo, i Lidi che vivevano in una parte della Turchia attuale 2500 anni fa.
Due re Lidi sono entrati nei nostri modi di dire: Re Mida “che trasformava in oro tutto quello che toccava” e Re Creso che era “ricco come un Creso”. Sappiamo da fonti storiche che sia nel regno del primo che del secondo ci sono stati periodi d’ inflazione.
Le monete di metallo per millenni avevano un valore corrispondente al peso del metallo (oro, argento o rame) con cui erano coniate.
Una “svalutazione”, cioè una riduzione del valore di fatto di ciascuna moneta, poteva essere realizzata da chi coniava la moneta, mettendo meno metallo (monete più leggere) oppure “abbassando il titolo del metallo prezioso”, cioè mettendo ad esempio oro a 18 carati invece che oro a 24 carati per questo si “mordevano” le monete d’oro perché l’oro puro è più malleabile della lega aurea.
Inoltre le monete erano “alleggerite” da qualche proprietario che limava i bordi delle monete per racimolare polvere d’oro o d‘argento. Questo procedimento è detto “tosatura” ed è un esempio di inflazione dovuta al valore della moneta.
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Perché i tedeschi, da sempre, sono così ossessionati da essa, mentre noi italiani spesso l’abbiamo favorita, mi riferisco ai tempi della lira naturalmente?
Gli italiani hanno spesso usato la “svalutazione” della lira, cioè hanno ridotto volutamente il valore della propria moneta per avere un obbiettivo di incentivo all’ esportazione. Riducendo il valore della lira, chi comprava dall’estero con sterline o dollari, ad esempio, poteva comprare più merce il cui prezzo era in lire. Questa operazione fatta dal governo viene definita “svalutazione competitiva “.
Questo tipo di operazione economica determinava anche inflazione dei prezzi in Italia perché è vero che i nostri prodotti erano più convenienti nei mercati esteri ma i prodotti esteri che acquistavamo erano più cari per noi italiani.
Per i tedeschi il “terrore dell’inflazione” è legato alla loro storia.
Negli anni 20 del secolo scorso in Germania, come in tutto il mondo occidentale, circolavano principalmente banconote e non monete d’oro o d’argento.
Sulle banconote c’era scritto: “Pagabile a vista al portatore”. Il portatore poteva presentare in qualsiasi momento la banconota al banchiere e riceverne in cambio quello che era il “vero” valore, ossia l’oro o l’argento.
In realtà le banche tedesche e la loro banca centrale (la Deutsche BundesBank) non avevano assolutamente oro od argento per “coprire” neanche una piccola parte delle banconote in circolazione.
La Germania aveva perso la guerra e doveva pagare ingentissimi danni di guerra alle altre nazioni che non accettavano di certo banconote tedesche. Chiunque avesse ricevuto marchi in pagamento cercava quindi di disfarsene prima possibile comprando qualcosa.
Nel 1923, si dice, fu rapinato un signore con una carriola piena di marchi, i rapinatori tennero la carriola e lasciarono a terra i marchi. Una storia, probabilmente falsa, che da comunque l’idea della situazione.
Nel periodo tra il 1919 ed il 1923, l’inflazione raggiunse il 662,6% annuo. Nel biennio tra 1921 e 1923 si scatenò la vera “iperinflazione di Weimar”. Durante la sua fase finale, nel novembre 1923, il marco valeva 1/1.000.000.000.000 del valore che aveva nel 1914.
Questo trauma è al momento ancora radicatissimo nelle famiglie tedesche e si tramanda di generazione in generazione.
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La moneta unica sembrava aver rimosso il problema dell’inflazione. Cosa ha cambiato lo scenario?
Chiariamo che intanto oggi l’inflazione è elevata perché negli ultimi due anni era stata molto bassa. Nel periodo del Covid si sono ridotti di molto gli acquisti quindi la merce accumulata non ha avuto una “domanda” costante e sostenuta e per la “legge di mercato” alcuni beni del paniere sono rimasti allo stesso prezzo o sono addirittura diminuiti.
La fine della pandemia ha portato tutti noi a “ritornare alla vita normale” creando in poco tempo una “domanda” molto significativa e quindi portando chi offre ad alzare i prezzi sapendo che anche se più alti sarebbero stati accettati.
Ma oltre a questa spinta del “riprendiamoci la vita normale” il destino ci ha portato una guerra in Europa, aumentando i prezzi delle materie prime gas, petrolio, grano di oltre 100%, creando dunque inflazione.
L’inflazione nell’eurozona: secondo gli ultimi dati Eurostat, ha toccato un nuovo record a maggio, con l’8,1% su base annua, mentre la guerra in Ucraina continua ad alimentare un’impennata dei prezzi di energia e generi alimentari.
Quindi per risponderle è tutta l’area Euro che ha visto crescere molto l’inflazione,
l’Europa non produce abbastanza petrolio, gas, grano o mais e deve dunque importarli pagando di più quelle merci oggi scarse il cui prezzo è aumentato.
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L’Italia è un paese con un debito molto alto: quali sono le conseguenze di un aumento dell’inflazione?
Il debito pubblico italiano è finanziato attraverso l’emissione di titoli di stato: vado in banca od alla Posta compro, ad esempio, dei BOT o dei BTP (Buoni Ordinari del Tesoro o Buoni Poliennali del Tesoro) emessi dallo Stato Italiano. Periodicamente ricevo un interesse sul denaro che ho investito prestando soldi allo Stato.
Lo stato ogni anno riceve entrate economiche dalle tasse (ad esempio Irpef od Iva) e paga gli stipendi della macchina pubblica, la Sanità, ecc.
Quindi riceve da imposte e tasse e spende in spese pubbliche.
Se spende più di quanto riceve il bilancio pubblico va in deficit; i deficit annui accumulati sono il debito pubblico.
Negli ultimi 30 anni abbiamo speso spesso molto più di quanto incassato e quindi il Deficit cumulato è aumentato fino agli oltre 2800 miliardi di euro.
Se l’inflazione è ad esempio del 2% annuo e lo Stato promette a chi acquista i suoi Buoni Poliennali (BTP) un rendimento uguale all’inflazione il costo del debito pubblico, ipotizzando che fosse costituito da BTP tutti uguali sarebbe del 2%.
Quindi per non fare più deficit basterebbe avere o più tasse ed imposte maggiori del 2% nell’ anno a parità di spesa od una riduzione delle Spese Pubbliche del 2 % nell’ anno.
Ma, come nel caso attuale, se l’inflazione sale al 6% l’investitore in BTP vuole, a ragione, di più sul suo investimento e quindi tutto il costo del Debito Pubblico sale, obbligando come detto ad aumentare le tasse oppure a ridurre le spese per 3 volte tanto rispetto al periodo precedente.
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Che armi ha il governo per controllare eventuali speculazioni sui prezzi e tutelare la spesa al mercato?
Il Governo ha strutture che monitorano i prezzi e che possono agire se c’è una “manipolazione di mercato”, ma mi permetta di dire che il cittadino devefare la sua parte, ha strumenti di segnalazione alle autorità di pratiche commerciali scorrette, attraverso il cosiddetto Mister Prezzi ovvero il Garante per la sorveglianza dei prezzi.
Questi propone al Governo, azioni mirate o strutturate, di riforma dei mercati in seguito all’analisi e al riscontro di anomalie o malfunzionamenti. Può inoltre riferire le dinamiche “sospette” dei prezzi al Ministro dello Sviluppo Economico, che provvede alla formulazione di segnalazioni all’Antitrust, a sollecitare ispezioni della Guardia di Finanza e ad avviare azioni di moral suasion.
Il Ministero dello Sviluppo Economico mette inoltre a disposizione del consumatore l’Osservatorio dei Prezzi, un servizio di informazione, trasparenza e orientamento degli utenti e degli operatori economici, per documentarsi sull’andamento dei prezzi, dei beni e dei servizi di largo consumo, sulla loro variabilità e sulle dinamiche inflazionistiche. E’ necessario rivolgersi al Sito del Garante tramite e-mail: misterprezzi@mise.gov.it oppure PEC: misterprezzi@pec.mise.gov.it.
Grazie Dott. De Angelis e speriamo che quest’estate non ci costi troppo!