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Il surfista che vuole salvare il mondo

Tempo di lettura: 4 min.

Intervista a Roberto D’Amico, il trentenne che ha fatto dell’ecologia una ragione di vita. Per sottrarre alla morte il pianeta

Roberto D’Amico ha trent’anni, un’amore sconfinato per il surf e una fidanzata, Antea Palumbo, che studia cinema. Da quando era bambino combatte una guerra impossibile: vuole salvare il mare. Dall’incuria dell’uomo, dall’ignoranza di chi lo ha trasformato in una immensa discarica, dall’arroganza di un sistema che violenta senza tregua il pianeta in nome del dio profitto. 

È perfettamente conscio di vivere sul filo dell’utopia, ma non si arrende. Non si piega. Ha la testa dura, un fisico che fa spavento e un’ostinazione straordinaria. Dedica la vita a promuovere sit-in per pulire le coste e diffonde con continuità il virus dell’ecologia nelle scuole. Ha un evidente disprezzo per coloro che sottovalutano il problema ambientale, ma non cade nella trappola di lasciarsi prendere dalle parole. È misurato ma chiarissimo. Il mare è la sua vita e la sua vita ha deciso di dedicarla al mare. 

 
 
 
 
 
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“Sono cresciuto a Ladispoli – racconta al telefono mentre rientra dalla Francia – mio padre mi ha insegnato ad amare rispettare il mare. Aveva un carattere forte. Quando vedeva qualcuno che buttava qualcosa in spiaggia, glielo faceva raccogliere. Con le maniere forti, se serviva”.

Come è nata la passione per le onde?

Ho iniziato a fare surf da bambino. A Ladispoli d’inverno si può.

Il surf non è uno sport di massa.

Ma è uno sport bellissimo. Se hai la fortuna di iniziare non lo abbandoni più.

Perché?

Perché è assolutamente naturale. Un’onda, un uomo, una tavola. Nient’altro.

Con il surf si è preso delle belle soddisfazioni.

Ero forte. Ho vinto 7 campionati italiani juniores e per 3 volte sono stato campione assoluto.

Ero? Ha smesso?

Con le gare sì. Metto tutte le energie per fermare lo schifo che ogni giorno avvelena il mare.

In che modo?

Dieci anni fa ho fondato un’associazione, Robby clean-up. Ci diamo da fare per ripulire le coste.

Ci spieghi meglio.

Sensibilizziamo le persone a prendersi cura del mare. In pratica organizziamo dei sit-in attraverso i social per radunare gente.

E in che modo agite?

Guanti, sacco contenitore e tanta buona volontà. Raccogliamo i rifiuti che il mare restituisce alle spiagge. Siamo una goccia nell’oceano, ma fare una cosa buona ci fa sentire bene.

Il problema dell’inquinamento è diventato uno strumento di lotta politica.

Non faccio politica. Cerco solo di far capire che stiamo andando incontro a un disastro.

 
 
 
 
 
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Qualcuno potrebbe sostenere che sta esagerando.

Guardi, il pianeta ci sta avvisando in modo chiaro. Il livello dell’acqua si sta alzando pericolosamente, il clima è cambiato in modo radicale, nascono nuove specie marine. Sono segnali importanti.

Eppure c’è chi considera l’ecologia una moda radical chic, ridicolizza gli attivisti come lei, chiama Greta Thunberg la Gretina.

Sono persone che vivono lontano dalla natura. Stanno all’aria condizionata, hanno fatto della comodità una ragione di vita e non si accorgono di niente.

Quindi lei contesta il modello su cui si regge il mondo occidentale.

Io penso che non possiamo più permetterci di vivere l’oggi. Abbiamo il dovere di guardare avanti.

Ci faccia capire.

La gente deve essere messa al corrente di quello che sta succedendo. Serve una scossa, servono provvedimenti urgenti.

Faccia un esempio.

Ha presente cosa è successo con la pandemia? Sono state  messe in campo misure estreme. Tutti si sono resi conto che eravamo di fronte a qualcosa di eccezionale. Qualcosa di eccezionale ha fatto sì che venissero presi provvedimenti eccezionali. In tutto il mondo.

Siamo a questo punto?

Senta, i segnali sono chiarissimi. Stiamo arrivando sulla soglia, se la superiamo non si torna più indietro.

 
 
 
 
 
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Quindi cosa dovrebbero fare i governi?

Assumere misure drastiche.

E ognuno di noi?

Vivere in modo più semplice, innanzitutto. Cercare di voler bene a ciò che ci circonda.

Le dobbiamo fare una domanda un po’ ruvida.

Prego.

Come fa stare al mondo se non gareggia, non lavora e passa le giornate a promuovere il tema ambientale?

Ho un pool di aziende che mi supportano.

Quali?

Breitling orologi, Deeply che produce mute da surf, Pukas che realizza tavole da surf, Reef scarpe e sandali, Ventura frutta secca.

E perché la pagano?

La sostenibilità è divenuta un fattore decisivo per il mondo produttivo. La sensibilità sta crescendo. Non voglio fare il fenomeno, ma la mia azione è conosciuta e riconoscibile. Evidentemente mi ritengono un soggetto utile a sostenere la causa

Evidentemente sì. Ci spiega in cosa consiste il progetto “Io Tevere, le radici del mare”?

Con il documentarista Marco Spinelli ho realizzato un film per testare lo stato di salute del Tevere.

 
 
 
 
 
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E come sta il Tevere?

Malissimo. Ma la cosa importante è che attraverso la scuola duemila studenti hanno potuto vedere il documentario e prendere coscienza della situazione. Questo ha creato le condizioni per far sì che la platea si possa allargare.

Come?

Presto il documentario verrà diffuso attraverso una piattaforma televisiva.

Quale?

Non lo posso ancora dire.

Ultima cosa: è davvero convinto che il pianeta si possa salvare?

Se cominciamo ad alzare la voce sì. Ma la dobbiamo alzare tutti. E tutti i giorni.

 

 

Foto Roberto D’Amico

2560 1707 Giuliano Riva
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