Milano, l’America, l’uomo-donna, l’uomo-nero: qual è il confine dell’ipocrisia?
Quali sono i modelli di convivenza civile a cui facciamo riferimento? Quali sono le condizioni che ci consentono di sentirci a posto con la coscienza? Dove poniamo il limite dell’accettazione? Cosa oltrepassa il confine di ciò che definiamo decenza? Qual è la soglia dell’ipocrisia che siamo disposti ad accettare?
Sono tutte domande che, di fronte alle immagini del pestaggio di un transessuale a opera di agenti della forza pubblica nella civilissima Milano, dovremmo sentire il dovere di porci. Perché qui non si tratta di appartenenza politica e non si discute di visioni del mondo: qui parliamo di civiltà. E se crediamo di essere persone civili, qualche domanda abbiamo il dovere di infilarci dentro lo stomaco, a costo di fare indigestione.
Il pestaggio del transessuale di Milano ci riporta alla scena dell’omicidio di George Floyd, nella civilissima confederazione degli Stati Uniti di America: con la differenza che il trans è sopravvissuto e l’afroamericano no. Stesse condizioni, un paio di uomini in divisa, stesso obiettivo, un essere che – attenzione attenzione, sono cose che non si dicono – la società considera inferiore. Un uomo-nero dall’altra parte dell’Oceano, nell’America dei diritti, della democrazia e delle parità, un uomo-donna nella nostra città di riferimento, la città dell’inclusione, del respiro continentale, delle opportunità e delle mille occasioni di riscatto.
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Reati, secondo i codici che regolano i nostri sistemi di convivenza. Reati che però vengono piegati alle logiche di un sistema politico che rifiuta di mettersi in discussione. Ed ecco allora che, a fronte di violenze così inaudite, si alzano gli scudi di chi difende i servitori dello Stato contro chi lo Stato vorrebbe soverchiare: in nome di chi non è conforme, magari è informe, certamente è inerme.
Siamo sicuri che questo schema così sterile sia ancora accettabile? Siamo sicuri che non sia arrivato il momento di dire le cose come stanno, picchiare forte sul tamburo e cominciare a picconare questo muro di ipocrisia sul quale ci fanno sbattere la testa tutti i giorni che Dio manda in terra?
Facciamoci delle domande. E proviamo a darci delle risposte. Non è difficilissimo.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios