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Il grande ritorno del patchwork

Tempo di lettura: 4 min.

Scopri gli infiniti significati di uno dei trend della prossima SS21

Con il termine Patchwork, composto da patch (pezza) e work (lavoro), si intende il “tipo di tessuto costituito da pezzi di vari colori e di forme diverse cuciti insieme in modo da formare un tutto variopinto, usato spec. nell’arredamento”. Questo è il significato riportato dal dizionario Treccani.

Al patchwork vengono comunemente associate coperte e stoffe, come ad indicare qualcosa di intimo che racchiude una storia.

Questa connotazione è stata portata sul grande schermo dal film Gli Anni dei Ricordi (1995) di Jocelyn Moorhouse, che vede protagonista una giovane Winona Ryder nei panni di Finn, studentessa universitaria in visita a casa della nonna, casa in cui si riunisce il “circolo della trapunta” formato da un gruppo di donne che si ritrova per cucire trapunte composte da pezzi di stoffa offerte da ciascun membro. Ogni pezzo di tessuto porta con sé un ricordo di vita della proprietaria, pronta a condividerlo e a dare consigli.

Anche nella moda il patchwork è associato ad un’arte umile, quasi nobile, nata più per necessità che per gusto estetico.

Dal rattoppare vestiti con pezzi di tessuto diverso per evitarne lo spreco, alla realizzazione di interi capi usando questa tecnica: il patchwork si è fatto strada dalle case popolari alle passerelle.

  • LE ORIGINI

Dato il suo carattere così collettivo e condivisibile, è difficile attribuire la sua ideazione ad un determinato periodo storico o a qualcuno in particolare.

Sappiamo però che esistono diverse tecniche di cucitura basate sulla sovrapposizione dei tessuti. Dell’applique al baltimora e dai patchwork hawaiani ai molas indiani, ognuno ha cercato di fare propria questa arte proponendone una versione.

Il patchwork permette infatti alle persone di liberare e sbizzarrire il proprio lato creativo, intessendo la storia che si vuole raccontare, trasmettere o intrappolare.

  • L’ENTRATA IN PASSERELLA E L’UPCYCLING

Se con il movimento Hippie il patchwork torna a popolare le strade e a fare tendenza tra i più giovani, è solo negli anni ‘70 e grazie a Roberto Cavalli che fa il suo ingresso sulle passerelle.

Lo stilista fiorentino brevetta infatti un processo innovativo di stampa su pelle mischiando materiali e colori diversi, attirando l’interesse di Hermès e Pierre Cardin, e facendo diventare il patchwork animalier il suo tratto distintivo.

Segue poi Missoni che adatta i suoi motivi allo stile patch, contribuendo all’evoluzione di questa tecnica e diventando un esempio per altri stilisti come Antonio Marras, che decide di sperimentare e utilizzare questo processo rendendolo compatibile con l’identità del brand.

 
 
 
 
 
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Oggi il patchwork è diventato anche simbolo di upcycling e di moda sostenibile.

L’upcycling indica infatti il riutilizzo di un materiale di scarto che ha esaurito la sua funzione originaria per acquistarne una nuova, diversa, e dal valore aggiunto proprio per evitarne lo spreco.

Non solo, specialmente durante il periodo di lockdown, questa tecnica ha iniziato a diffondersi di nuovo fra i giovani tramite il DIY e la “customization”, dando loro la possibilità di sfogare il proprio lato artistico per creare qualcosa di autentico e trasformare un capo già in loro possesso in un pezzo originale.

Su Instagram abbiamo visto top fatti da calzini cuciti tra loro, mix and match di all-stars per creare il paio perfetto, denim colorarsi di arcobaleno, l’estetica molto 2000s di Jaded London e gli abiti-sneakers super futuristici di All Amin.

Ma è con le collezioni PE21 di Dolce&Gabbana e Marco Rambaldi presentate alla MFW di settembre che il patchwork fa il suo ritorno sulle passerelle come protagonista.

Giovane ed originale, Marco Rambaldi costruisce la sua estetica sul knitwear e il self-made, rivisitando i codici della borghesia italiana degli anni 70 e adattandoli all’odierna Gen Z, dimostrando di possedere un forte Zeitgeist.

 
 
 
 
 
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Because only through recovering what is definitely old, but belongs to us, we will be able to understand where we come from and which kind of world we want to build” dice il giovane talento riferendosi ai suoi abiti, che ricorda proprio il principio che sta dietro la tecnica del patchwork: il nostro passato racconta qualcosa di noi e ci permette di capire da dove veniamo, è quindi importante conservarlo per capire in che direzione vogliamo andare.

Diversamente, Dolce&Gabbana utilizza il patchwork per celebrare l’amata Sicilia in una chiave nuova, usando questa tecnica al fine di rendere ogni abito unico nel suo genere e lasciando libere le sarte di dare sfogo alla loro creatività cucendo i pezzi di stoffa a loro piacimento.

Il tripudio di stampe e colori simboleggia quindi la gioia ed il desiderio di ripartire da parte dei due stilisti, i quali affermano di essere pronti alla ripresa e ad adattarsi ai cambiamenti sia dell’industria che dei consumatori.

  • COSA RAPPRESENTA IL PATCHWORK OGGI?

La sua poliedricità rende il patchwork un’arte unica e capace di adeguarsi ad ogni circostanza.

Se la moda funge da portavoce della società, il patchwork assume allora un significato particolare oggi.

Il patchwork rappresenta l’unione delle nostre paure, messe allo scoperto dalla pandemia, al desiderio di ripartenza e al coraggio con cui compiamo scelte quotidianamente.

Rappresenta la capacità di reagire ad un presente incerto che fortemente influenzerà il nostro futuro, ma che stiamo cercando di trasformare in qualcosa di positivo.

 
 
 
 
 
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Rappresenta il desiderio di cambiamento, di diversità e di unicità.

Ma soprattutto, rappresenta il desiderio di collettività, di contatto umano, di ritorno a relazionarsi in serenità, di strette di mani e di calorosi abbracci.

Perché è insieme che si costruisce il futuro.

2560 1707 Beatrice Tagliabue
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