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I casi di finto stupro nelle serie tv Rai: come minimizzare la violenza di genere

Tempo di lettura: 3 min.

In un momento di massima emergenza cosa dovrebbe raccontare la televisione?

Sul disastro della Fiction italiana si è già scritto, ma non tutto. Si è già detto della scarsa qualità, delle responsabilità delle produzioni e delle carenze di attori e registi.

Forse non si sono messe in evidenza le mancanze degli autori, ma questi “attaccano l’asino dove il padrone vuole”, come dice il contadino. Bisogna vedere chi è il padrone: il produttore, certo. Ma le produzioni si basano sul gradimento del pubblico e di questo non si è proprio fatto cenno. Grave mancanza. Quindi si può affermare che, per la proprietà transitiva, anche il pubblico a casa e padrone.

E’ montata, in questi giorni, una feroce polemica nei riguardi di tre Fiction, prodotte dalla Rai: “Mina Settembre”, “Che Dio ci aiuti” e “Lolita Lobosco”, ree di contenere ciascuna un caso di finto stupro.

Per palese incompetenza dell’attuale direzione Fiction e direzione di RaiUno, usi a prendersi meriti altrui, queste serie sono andate in sequenza temporale, coi tre episodi incriminati molto ravvicinati.

Qui si crea un momento di confusione perché, nel merito, non si capisce se ad essere incriminata è la distanza ravvicinata o il fatto di aver narrato un finto stupro. In quest’ultimo caso, averlo ripetuto per ben tre volte sarebbe blasfemia.

Parliamo di tre Fiction diverse tra loro, che fanno il record di share e telespettatori (i padroni) e che solo una si può definire Crime”: Lolita Lobosco”.

 
 
 
 
 
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Per quanto riguarda “Che Dio ci aiuti” è il fiore all’occhiello, assieme a “Don Matteo” della cultura cattolica italiana, “tanto ben rappresentata” da RaiUno.

 
 
 
 
 
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Mentre “Mina Settembre” ha consacrato Serena Rossi come una delle migliori attrici italiane ed ha avuto un successo straordinario, da essere confermata con una seconda serie.

 
 
 
 
 
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Ora, tutte le produzioni e sceneggiatori Crime del mondo, attingono il loro materiale da casi realmente accaduti, nonostante la formuletta legale che nei titoli di coda recita: “I fatti e personaggi narrati non si riferiscono alla realtà”. Balle! Neanche cento Pico della Mirandola avrebbero una tale capacità di produzione.

In Italia funzione così: nella sala stampa della Questura Centrale esiste un librone chiamato “Mattinale” che viene aggiornato dal maresciallo di turno, badate non appuntato o brigadiere ma il maresciallo, che di volta in volta trascrive qualsiasi arresto e fatto criminale accaduto. I cronisti di nera lo consultano, decidendo cosa pubblicare e cosa no. Poi ci sono gli archivi dei tribunali, altra inesauribile fonte di crimini realmente accaduti.

Questi gli archetipi, poi tutto viene riadattato, sceneggiato, reso stereotipo, interpretato; questo vale per l’intero mondo del “Crime”.

Funziona così anche per “Forum”, Canale 5, che nulla ha a che vedere con la Fiction, ma che a sua volta rappresenta, con attori, le reali beghe e cause civili nate in famiglia.

 
 
 
 
 
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Il punto è: se l’indignazione nasce dal fatto che tre episodi di finti stupri siano stati mandati in onda consecutivamente, allora è giusto rammaricarsene, anche se parlare di indignazione sembra esagerato, ma forse diventa strumentale al fatto che sia stata la Rai a metterli in onda.

Sarebbe più giusto mettere in evidenza le singole responsabilità che sono tutte delle direzioni competenti: Rai Fiction, RaiUno e Direzione Palinsesti; questo vale per Michele Anzaldi, segretario della Commissione Parlamentare di Vigilanza dei servizi radiotelevisivi, che non perde mai l’occasione di prendersela genericamente con l’Azienda e i suoi artisti, senza mai entrare nel merito dei singoli dirigenti, ormai sempre più scarsi professionalmente.

Se però si vuol negare che nella vita reale siano esistiti e tutt’ora esistano fatti di cronaca che vedono alcune donne denunciare finti stupri, beh allora questi polemisti dell’ultima ora sono fuori dalla realtà. Nella Fiction nessuno inventa nulla come si è detto.

Certo, nella vita reale questi casi sono, per fortuna, infinitesimali rispetto allo schifo dei veri stupri ma vanno stigmatizzati e denunciati, non solo per tutelare l’ingiuriato, come è doveroso ma soprattutto per tutelare la credibilità delle tante donne vittime di stupro, oltremodo messa in discussione da un apparato ottusamente maschilista, in special modo quando si tratta di denunce preventive.

 
 
 
 
 
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La tematica della colpevolizzazione della vittima è talmente complessa e dolorosa, che renderla una polemica divisiva sui social, con l’intento di criminalizzare la Rai è un danno clamoroso per la coscienza collettiva.

 
 
 
 
 
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Forse tanti pseudo polemisti farebbero meglio a leggere qualche giornale in più e passare un paio d’ore in meno in Rete.

 

 

 

 

 

 

1920 1080 Gianfranco Gatta
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