Il nome ingombrante della piccola è un omaggio sentito o un tentativo ruffiano di accattivarsi la Corona e i media?
Chi è fan di The Crown lo sa bene: al di là delle persone, dei sogni, dell’umanità, la Corona deve trionfare su ogni cosa. Lo si capisce solo guardando i favolosi titoli di testa, che non ritraggono nessun personaggio, ma la Corona che prende forma, come una gigantesca creatura vivente, che domina la scena.
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Ovviamente si tratta di una versione fictionalized di vicende storiche, ma una cosa è vera: la monarchia inglese rappresenta un simbolo, un’entità, un modello scintillante a cui ispirarsi, che deve rimanere saldo, spesso a discapito dell’identità personale.
Privilegio ma anche peso. I membri della monarchia sono chiamati ad assumere un ruolo neutrale, non possono esprimere opinioni politiche, devono rispettare l’etichetta, essere al di sopra di tutto, ma allo stesso understated.
Un equilibrio non facile, che è stato portato allo stato di perfezione con Elisabetta, che ha fatto il suo primo discorso pubblico a 13 anni, quando durante la seconda guerra mondiale si è ritrovata a confortare il popolo del Commonwealth alla radio. Tra vari alti e bassi (come la vita tormentata della sorella Margaret) la monarchia inglese ha sempre retto. Ma con la fine degli anni 70 e l’inizio del governo Thatcher, una feroce crisi economica e nuovi valori, l’universo Corona inizia a vacillare.
E poi arriva lei, la donna che cambierà per sempre la storia, Diana. Di origini nobili, ma con uno stile decisamente più pop e affine ai tempi, la principessa del popolo è destinata a sconvolgere definitivamente i già fragili equilibri della Corona.
Perché Diana elimina in un colpo solo tutta la distanza che c’è tra la Corona e la gente comune e proprio per questo conquista. Perché mostra un lato umano della monarchia che si pensava non esistesse. E la sua tragica morte, nel bene e nel male l’ha eletta eterna icona, una sorta di fantasma che viene continuamente evocato (anche quando si potrebbe lasciarla riposare).
Arriviamo ai giorni nostri con la nuova leva. A rialzare l’immagine della monarchia ci sono William e Kate. Questa coppia agisce come una sorta di ponte tra le vecchia monarchia e un’immagine più nuova e alla mano (apparentemente): mantengono un certo decoro ma allo stesso tempo sono friendly, sorridenti. Kate è una donna che ricicla i vestiti, che si presenta alla mano, è borghese ma ha comunque un background di alto livello.
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La scossa vera arriva con Harry e Meghan: da un lato abbiamo il principe ribelle, spesso presente sui tabloid con le sue bravate varie ed eventuali, dall’altra abbiamo un’attrice afroamericana, dalle origini working class, immersa nel mondo dello spettacolo. Una combo che porta un cortocircuito pazzesco, culminato con il “divorzio” dalla famiglia reale e il trasferimento in America.
Sembrava che non ci fosse più nulla da dire e invece è arrivata la a dir poco esplosiva intervista con Oprah Winfrey: il ritratto che Meghan e Harry dipingono della monarchia inglese è decisamente impietoso, tra casi di razzismo, indifferenza e quasi bullismo. A questo punto la sempre silenziosa Corona è stata costretta a parlare, diramando un comunicato stampa in cui viene espresso rammarico per ciò che è successo e la volontà di risolvere la questione, soprattutto sulle tematiche di razzismo.
La frattura pare insanabile, anche al funerale di Filippo sembra che tra Harry e William scorra il gelo. Poi qualche giorno fa, un ennesimo colpo di scena: nasce la secondogenita di Harry e Meghan, dal nome Lilibet Diana. Per chi non lo sapesse Lilibet è il soprannome affettuoso dato ad Elisabetta dal nonno Giorgio V e usato solo dai membri più stretti della famiglia. Ovviamente si è scatenata una controversia: Elisabetta era stata informata di questa decisione oppure no? Omaggio sentito o tentativo ruffiano di accattivarsi la Corona e i media?
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Non possiamo saperlo. Questo è il mistero della monarchia inglese. Spesso quando si parla della famiglia reale inglese i media utilizzano quelle dinamiche tipiche di una famiglia normale: i litigi, gli amori, i rapporti tra padri, madri, fratelli e sorelle, che possiamo vivere tutto noi. Ma l’errore fondamentale è che questa non è assolutamente una famiglia normale.
Come la Corona è un simbolo. Bisogna attenersi all’etichetta, ogni gesto è studiato. Persino i dettagli del cappotto della regina hanno un certo significato. È sempre stato così, una macchina scintillante, ma non per tutti.
C’è chi come Diana, che quando aveva sposato Carlo aveva solo 18, ne è rimasta schiacciata per inesperienza e ingenuità, c’è Meghan che spesso sembra paragonare le sue esperienze a quelle della principessa del popolo, ma allo stesso tempo sembra quasi paradossale il suo affermare, che non aveva idea di quanto fosse difficile vivere nella famiglia reale.
Ma allo stesso tempo non è difficile immaginare casi di razzismo in un’istituzione che ha sempre avuto connotazioni di classismo e imperialismo.
Simpatizziamo con Meghan e Harry e il loro desiderio di privacy ma allo stesso tempo possiamo trovare ipocrita il loro “lavare i panni sporchi” in pubblico con le ultime dichiarazioni. Il confine è molto sottile e non è facile capire dove sta la verità in una famiglia così particolare. Forse è impossibile, troppi giochi di specchi, troppi intrecci di vite che sono tutto meno che ordinarie.
Una delle tesi più interessanti dei detrattori della monarchia inglese è che si tratti di un sistema familiare non sostenibile, che obbliga persone normali a vivere vite che sono tutto meno che normali, completamente staccate dalla realtà. Un sistema che sta subendo degli attacchi, ma continua ad affascinare e incuriosire.
Dunque è quasi inutile discutere quale sia il vero significato del nome di Libet Diana: probabilmente non sapremo mai la verità. Possiamo solo augurare a questa bambina dal nome così importante e ingombrante una vita che nell’anormalità sia più normale possibile.