Un’espressione che non lascia spazio a dubbi. La cerchia sociale che si restringe è un “traguardo” inevitabile.
Alla soglia dei 30 anni capita sempre più spesso di chiedersi se esiste una ragione dietro le amicizie che si sono coltivate fino a quel momento. Si pensa più intensamente al posto che si vuole occupare nel mondo. Se i valori che i nostri genitori hanno faticato a trasmetterci sono sensati. E al perché la politica non ci ha interessato fino ad ora.
Si cominciano a leggere i giornali, a cercare notizie d’attualità sui social e potrebbe casualmente succedere di imbattersi nell’analisi a cura dell’American Perspectives Survey (2021). Stando ai dati raccolti, dagli anni ‘90 ad oggi, la percentuale di persone che dichiarano di non avere amici stretti nella propria vita è quintuplicata.
Il campione di riferimento è quello statunitense, nel frattempo, però, sembra che il resto del mondo si sia adeguato. Il nome americano del fenomeno è friendship recession – traduzione letterale dell’espressione recessione dell’amicizia – e la tendenza sembra già aver mandato nel panico molti.
@attn The American Perspectives Survey found that the percentage of people who don’t have any close friends went from 3% in 1990 to 12% in 2021. This so-called “friendship recession” makes the friendships you do have even more important. Friendship coach Danielle Bayard Jackson told Refinery 29 that a low-maintenance or low-effort friendship can become one-sided. So if you start to feel like that, you may want to reevaluate. #friends #learnontiktok #fyi #lowmaintenancefriends ♬ original sound – attn:
Prima, però, di farsi prendere dallo sconforto: come si manifesta?
La friendship recession risponde a una serie di atti che si ripetono.
- Evitare gli incontri vis à vis
- Tagliare i ponti con amicizie storiche a favore di relazioni superficiali
- Crescita di un forte senso di isolamento
I motivi per cui le persone dedicano più tempo a rapporti approssimativi – spesso virtuali – invece che ai legami storici sembrano essere conseguenze della pandemia, della rivoluzione digitale e del lavoro full remote.
La pandemia
Il Covid ci ha portato a passare più tempo in casa, avere più tempo per riflettere, dover accettare l’esistenza dei No Vax e di chi, invece, si batteva per vaccinazioni senza stop senza prendersi la briga di documentarsi. Il risultato ha creato le condizioni per cui dubitassimo. Di tutto e di tutti. E delle volte ha portato a tagliare i rami secchi nella propria cerchia.
La rivoluzione digitale
La digitalizzazione è un processo che fatica a bloccarsi. Ha rivoluzionato le nostre vite. Ci ha permesso di abbattere le barriere della distanza, di comunicare con chiunque dall’altra parte del mondo, di continuare a studiare anche durante un’emergenza globale. La sintesi è che tutti si vedono attraverso uno schermo, sempre meno si incontrano dal vivo.
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Il lavoro full remote
Anche il lavoro totalmente da remoto ci dice che non è importante vestirsi bene, ma è importante vestirsi. Bocciate le mutande con sopra la camicia. Ci dice poi che la gestione del tempo per priorità è un’arte, e non tutti ce l’hanno. E poi ci dice che abbiamo sempre meno voglia di uscire.
E quindi? Usciamo meno. E siamo più soli.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios