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Frammenti di Regia: episodio 3

Tempo di lettura: 4 min.

Viaggio attraverso il mondo della regia con brevi considerazioni e qualche aneddoto in ordine sparso, più qualche consiglio (non richiesto) per i più giovani.

Per poter scrivere bisogna aver letto molto, così come per voler fare la regia bisogna aver visto molto cinema. C’è un momento, più o meno breve, che si sospende il tutto: leggere e visionare. Poi si riprende, più a leggere che a visionare. 

Crearsi una cultura cinematografica è importante per poter avere dei parametri di riferimento, per abituare gli occhi a scrutare oltre la narrazione, per poter studiare autori che si pensano inarrivabili: i piani sequenza di Bunuel, i primi piani di Leone, i carrelli di Ejzensteijn, “il tocco” di Lubitsch. 

Si smette perché subentra la competizione, con se stessi prima di tutto!

 
 
 
 
 
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I registi si possono paragonare ai piloti di Formula 1: ognuno è convinto di essere il migliore. Non esiste pilota che non pensi di essere il più veloce così come non esisterà mai un regista che ammetterà la superiorità artistica di un collega. 

Per un pilota se non arrivano i risultati sperati, la colpa è dell’aerodinamica, delle gomme, della mancanza di cavalli ma mai ammetterà di avere il “piede meno pesante” di chi gli passa davanti. Così un regista darà la colpa dei propri insuccessi all’avarizia del produttore, all’attorecane” o all’incompetenza degli uffici stampa.

Ho un ricordo tenero di Carlos Reutemann, il pilota argentino recentemente scomparso. Da giovane Aiuto regista lavoravo per il CineFiat a documentari industriali sulla Formula 1 e sui Rally: Ferrari e Lancia i nostri protagonisti. 

Nei giorni delle prove, a Monza, Giles Villeneuve girava a una velocità pazzesca; durante le riprese ai box riprendiamo Reutemann che si ferma a parlare con l’ingegner Forghieri, il direttore sportivo della Ferrari. Naturalmente non sentiamo il dialogo, dato l’assordante rumore nel Paddock, tutti indossavamo i tappi. Una volta in moviola scopriamo cosa si sono detti. Forghieri: “Cosa vuoi…dimmi cosa vuoi?” Reutemann: “Non lo posso fare…non ce la faccio.” (riferito ai tempi in prova di Giles) Forghieri: “Tu dimmi cosa vuoi…vuoi più angolo?” (riferito all’alettone posteriore) Reutemann: “Io non lo posso fare…non lo posso fare.” Una manifesta ammissione di inferiorità nei confronti di Villeneuve che ci lasciò basiti. Carlos era un buon pilota e anche veloce, soffriva di alti e bassi ma si faceva voler bene perché era un gran signore”.

 
 
 
 
 
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Ecco, la signorilità non è una dote peculiare dei registi, di solito sono dei bugiardi incalliti. Pensate che Visconti potesse pensare che un tizio qualunque, di nome Fellini gli fosse superiore? O che lo stesso Fellini potesse riconoscere a quel “ciccione sempre ubriaco” di Orson Welles, di avere visioni più oniriche delle sue? Si potrebbe andare avanti all’infinito; titani di tale calibro, che in pubblico si baciavano e si davano attestati di infinita stima, in realtà si detestavano e si invidiavano a vicenda. Era il ruolo che glielo imponeva!

D’altronde è così tutto il mondo dello spettacolo: grandi baci e sorrisi all’aria aperta, grandi invidie sotto la brace. Si vive in una bolla di finzione.

 
 
 
 
 
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Spesso i registi sono accusati di avere un “cattivo carattere”. Non esiste! Il carattere o ce l’hai oppure no e se non lo possiedi, non puoi fare questo mestiere. Vero è che esistono degli improvvisati che scambiano l’autorevolezza con l’autoritarismo ma credete, durano poco.

Così come non è necessario studiare Freud anzi, spesso è dannoso, così è di grande aiuto avere una cultura musicale. Aiuta nelle visioni quando si scrive, fornendo un ritmo che si ritrova in montaggio; nasconde una vena poetica che rende più dolci e sopportabili le situazioni più difficili. Ma questo vale soprattutto nella vita!

Un’ultima questione riguarda la genesi della sceneggiatura. Molti film vengono tratti da libri di successo, dei più svariati generi: “Guerra e Pace”, “Congo”, “La spia che venne dal freddo”, sono solo alcuni esempi di una sterminata letteratura saccheggiata dal cinema. C’è una scuola di pensiero nettamente contraria ad usare la letteratura perché la sceneggiatura deve nascere “in purezza” dalla fantasia di un autore, non dalla trasposizione di un libro. Fellini era il capofila di questa corrente.

 
 
 
 
 
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Ma alla fine della fiera si può affermare che un regista sia un artista, anche se immerso in un sistema industriale? Ognuno è libero di viversi come meglio crede, personalmente la considero una questione di stile.

Fine

 

N.B. Per i giovani che intendono intraprendere la impervia strada della regia si consigliano vivamente due libri: “Lezioni di regia”, di Sergej Ejzensteijn – Einaudi Editore e “Il cinema secondo Hitchcock”, di Francois Truffaut – Edizioni Net. Inoltre per chi è curioso di conoscere la vita di un set cinematografico si consigliano due film: “Effetto Notte”, di Francois Truffaut e “La pellicola del Rey”, dove c’è tutta la cialtronaggine, la poesia, l’incoscienza del regista.

 

 

Image Credit: Photo by Revolver Creative Company on Unsplash

1920 1080 Gianfranco Gatta
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