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Comunità LGBTQIA+

Europa e Italia dimenticano la comunità LGBTQIA+

Tempo di lettura: 3 min.

Il rapporto ILGA 2024 boccia la UE in materia di diritti LGBTQIA+; l’Italia resta in bassa classifica. Dare la colpa al colore politico dei singoli stati, vuol dire guardare una parte del problema

ILGA-Europe, la divisione europea dell’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, pubblica ogni anno un report sullo stato di salute dei diritti LGBTQIA+ in Europa: la situazione, nonostante esempi virtuosi, è tutto fuorché delle migliori. Il rapporto si articola in una mappa interattiva che posiziona quarantanove paesi dell’Europa geografica in una classifica che tiene conto di sette fattori: uguaglianza, famiglia, discorsi d’odio, riconoscimento legale del genere, spazio nella società civile, diritti delle persone intersex, diritto d’asilo. Il quadro complessivo che emerge dal report 2024 non è dei migliori, a nessun livello: né a livello europeo, né a quello dell’Unione, neanche a dirlo per quanto riguarda l’Italia.

Le sette macro aree sopra citate sono composte da settantacinque parametri analizzati, come il riconoscimento del matrimonio egualitario o il diritto all’adozione; la presenza di articoli costituzionali antidiscriminatori, la depatologizzazione dell’identità trans, il diritto di assemblea delle associazioni LGBTQIA+ e molti altri. Ne emerge che a livello europeo le persone LGBTQIA+ siano tutelate e possano godere di pieni diritti solo al 42.05%, percentuale che migliora di poco nell’area euro (50.61%). Malta conferma per il nono anno di fila il primo posto (87.84%), mentre l’Azerbaijan (2.25%), dopo molti anni di ultimi posti, riesce ad essere scalzato solo dalla Russia (2%). Il peggior paese della UE si conferma la Polonia (17.50%). Cromaticamente colpisce la cortina di ferro che spacca l’Europa in due, con la parte occidentale abbondantemente sopra il 50%, mentre quella orientale sprofonda a livelli minimi, con due sole eccezioni geografiche: Principato di Monaco (13.93%) e San Marino (14.52%).

Ridurre il discorso a una questione di percentuali rischia di creare una distanza rispetto alla situazione generale, che miopemente potrebbe sembrare ottima, evocando i tempi passati in cui neanche si potevano sognare diritti LGBTQIA+. Secondo il rapporto, infatti, il matrimonio egualitario per le coppie dello stesso sesso è possibile solo in ventuno paesi, mentre la genitorialità per le persone trans è pienamente riconosciuta solo in sei. Dieci paesi non dispongono ancora di alcuna procedura legale o amministrativa per il riconoscimento giuridico del genere. Persino la libertà di riunione e associazione per le comunità LGBTQIA+, che apparentemente potrebbe sembrare priva di limiti, secondo l’ILGA sarebbe sotto attacco in almeno tredici paesi.

E l’Italia?

Rispetto alla sopra citata cortina, il belpaese pende più verso est che ovest. L’Italia è infatti al 36esimo posto su quarantanove paesi analizzati, con un coefficiente del 25.41%: un risultato di poco migliore rispetto all’anno precedente (24.76%). Nella zona euro, peggio di lei solo Lettonia, Bulgaria, Romania e Polonia. Entrando nel dettaglio, il diritto di assemblea è pienamente garantito (almeno per il 2024), quasi nulla si fa per diritti alla famiglia (17.14%) e per il riconoscimento del genere (48%). Completamente assenti leggi sull’omotransfobia e divieti d’intervento su minori intersex fino al loro consenso informato.

Sicuramente il governo attuale non ha tra le sue priorità la comunità LGBTQIA+, né si può però affrontare con il teorema gaberiano destra-sinistra: osservando i report passati, disponibili dal 2013, la situazione non è migliorata in anni in cui al governo vi erano forze più progressiste, con coefficienti generali che non hanno mai rotto il muro del 30%. Il peggior risultato è del 2019 (19.43%), quando al governo i 5 Stelle hanno alternato verde Lega e rosso Pd in base alle stagioni; il risultato migliore nel 2014, sotto il governo Renzi (27.40%): eppure nel 2016, anno della legge Cirinnà, promossa dallo stesso governo, si registrò un timido 19.75%.

Comunità LGBTQIA+

Tanto è stato fatto (?), moltissimo è da fare: arroccarsi su posizioni reazionarie, magari sostenute da teorie del complotto, o farsi paladini dei diritti purché su di essi e su eventuali provvedimenti si abbia il diritto esclusivo di metterci un cappello del proprio colore, non porterà lontano. Il terreno su cui giocare le partite decisive è quello di Strasburgo, dove una maggioranza solida è ancora presente e dove è possibile creare strumenti legislativi che superino le frammentazioni interne dei singoli parlamenti. Il periodo storico mette fretta a un cambio di politica in senso unitario: un buon incentivo per avere numeri diversi al prossimo report.

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios
1954 1100 Federico Ingemi
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