Tra grafiche poco convincenti e classifiche da condividere, il Wrapped Spotify è arrivato alla sua decima edizione. Tu che ascoltatore sei?
Puntuale come il primo “I don’t want a lot for Christmas” che si sente quando si entra in un negozio a fine novembre, è finalmente disponibile lo Spotify Wrapped 2024, lo strumento di marketing più forte della piattaforma musicale made in Svezia. Lanciato la prima volta nel 2015, si tratta in sostanza del riepilogo annuale dei propri ascolti e gusti musicali, che fa della condivisione social l’elemento cardine dell’operazione: l’utente diventa il primo sponsorizzatore dei servizi di Spotify, aumentando il desiderio in chi ancora non lo possiede (esistono?) di appartenere anch’esso al clan del Wrapped. Condivisione che si mischia a una non scarsa dose di egocentrismo, appagato facendo conoscere i propri gusti musicali, con la convinzione di essere i più diversi tra il proprio seguito.
Come è andato il Wrapped 2024? Ma soprattutto: dopo le prime settimane di pubblicazione sui social, quali sono gli archetipi degli ascoltatori Spotify che si possono incrociare nelle storie?
Se si potessero condensare i commenti della community di Spotify in una citazione, sarebbe: senza infamia e senza lode. A livello di statistiche e contenuti, non si sono registrate grandi innovazioni: minutaggio dell’anno, top 5 artisti e canzoni ascoltati, top 5 dei podcast più streammati. Unica novità, che però non ha convinto, il report dell’evoluzione musicale dell’anno: quali artisti e quali canzoni si è ascoltati in alcuni mesi passati e quale mood musicale si è vissuto, non sono riusciti a scalfire il primato della top 5 tra i contenuti più condivisi sui social.
Rimandati a settembre anche per la veste grafica, ingrediente fondamentale dell’esperienza Wrapped Spotify, che deve essere in grado di incollare l’utente per tutta la durata del report. Vista la veste asciutta del layout dell’applicazione (d’altronde è l’udito a farla da padrone nell’esperienza Spotify), è proprio nel Wrapped che gli sviluppatori possono abbondare con budget ed effetti speciali. Quest’anno però, non sembra esserci stato un grande guizzo creativo: un mix non proprio riuscito di grafiche in loop stile riproduttore musicale Windows primi Duemila e un viaggio psichedelico nel matematico mondo dei frattali.
Non avrà convinto, qualcuno ipotizza stia iniziando addirittura a stufare, eppure le Instagram stories di chiunque sono inondate di Wrapped da una settimana a questa parte. Tempo sufficiente per capire chi si cela dietro alle classifiche pubblicate.
Il podcaster
Su 40 mila minuti di ascolti, l’80% è di podcast. Amante della parola, aborre la melodia. Ci tiene a far sapere che ascolta podcast di un certo tipo, equamente distribuiti tra cultura (il Magister Barbero in primis), mainstream Selvaggio e crime di qualità.
L’indie hunter
“Se ha più di duemila follower su Spotify neanche ascolto i primi 10 secondi di canzone”: questo il mantra dell’alternativo d’acciaio, che non si è accorto di ascoltare un genere da anni etichettabile e di tendenza. Dal rep delle banlieue francesi ai festival di cantautorato urban italiani, non disdegna alcun genere. L’importante che, durante una conversazione, quando pronuncia il nome di un gruppo, segua un silenzio di risposta dal gusto autoreferenziale, puro piacere per i suoi padiglioni auricolari. Non lo sa e se lo sa non lo dice, ma il sesto nel suo Wrapped è qualcuno che ha alle spalle almeno sei edizioni di Sanremo e un numero indefinito di dischi di platino.
Il/la groupie in fissa
Non c’è Dio al di fuori del suo cantante preferito. Il Wrapped è una cinquina di brani dello stesso autore, bonus se dello stesso album. Macina le stesse canzoni perchè quel cantante c’era e ci sarà in ogni momento della sua vita. La cinquina è di solito così composta: tre canzoni che tutti conoscono, quella nuova che non sapevi fosse sua, quella che speri sempre faccia ai concerti ma la canterebbe giusto la prima fila del parterre.
L’immune all’algoritmo
Ha creato così tante playlist per ogni evenienza, cambiando generi e mood come calzini, che se dietro l’algoritmo si celasse una persona con il compito di profilarlo, probabilmente sarebbe da un paio di mesi in burnout. È impossibile proporre qualcosa di nuovo perché ha ascoltato tutto, e tutto è diverso da ciò che ascolta abitualmente. Vive con le cuffiette nelle orecchie e alla domanda “che musica ascolti?” si nasconde dietro alla risposta “di tutto un po’”.
Più o meno riuscito, il Wrapped Spotify è ormai l’evento più atteso di dicembre, dopo Natale e Capodanno. Visto il suo successo, che la strategia comunicativa non venga proposta anche da altre piattaforme streaming e social? Immaginiamo un Wrapped Instagram, con la top 5 delle pagine con cui abbiamo interagito di più, un counter dei mi piace e salvati, oppure il profilo con cui ci scambiamo più meme in DM. O un Wrapped Netflix/Prime Video/Disney+, con la top 3 dei film più rewatchati dell’anno, i minuti (preoccupanti) trascorsi davanti allo schermo o il genere più visto.
Se son rose, wrapperanno.