Per non dimenticare quello che 20 anni fa segnò la storia e cambiò la visione del mondo Occidentale: la testimonianza di Gianfranco Gatta.
Non è una data ma un marchio privo di copyright che è il simbolo di un cambiamento epocale. Come lo è stato l’Aids, nei primi anni ’80 e come lo è, ora, il Covid19. Il mondo, la socialità e la stessa economia hanno cambiato prospettiva.
Alle 8,55, ora di N.Y. City, due aerei di linea in mano a dirottatori kamikaze si abbattono sulle Torri Gemelle, le famose Twin Towers, simbolo dello skyline newyorkese. Un terzo aereo colpisce il Pentagono e poi esiste un forte sospetto che un quarto venga abbattuto prima che possa provocare danni, si presume alla Casa Bianca. Le vittime, quelle ufficiali, alla fine risulteranno 2.977, ma tra i non riconosciuti e i polverizzati, letteralmente, si pensa che siano molti, ma molti di più.
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In Italia erano le 14.55 e mi trovavo, col senno di poi, nell’unico posto al mondo dove avrei voluto stare, a parte la stessa New York, nella redazione del programma del quale ero autore, in Rai. Si era da poco tornati dalla pausa pranzo, dopo la diretta del mattino, il caldo estivo si era sopito lasciando il posto alla brezza settembrina, che rende Roma famosa nel mondo, tanto quanto l’autunno a New York. Ed è proprio in quell’autunno che sarei dovuto andare a N.Y., su invito della mia ex moglie che stava organizzando una cena di gala, in una delle Twin Towers.
Seduto alla mia postazione, stavo controllando le agenzie di stampa per le ultime notizie, sento provenire dalla stanza accanto un urlo strozzato: “penso subito a un boccone di cibo rimasto incastrato in gola e cerco di memorizzare la manovra di Heimlich”. Mi precipito nella stanza dove un televisore acceso manda in onda le immagini di un aereo che colpisce una delle Torri. I colleghi, tutti ragazzi/e giovani, sono allibiti; il primo pensiero è un incidente, fatto drammatico ma pur sempre un incidente, perché è consolatorio pensarlo!
Dopo circa sei/sette minuti un secondo aereo si abbatte sulla seconda Torre: no, non è un incidente è un attentato. L’America è colpita al cuore, il mondo occidentale è colpito. Mi scappa una battuta, che sembra irridente ma non vuole affatto esserlo: “Ma Bruce Willis dove cazzo sta?”.
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Anni e anni di una certa cinematografia e serial televisive ci avevano “educato” all’infallibilità americana, agli uomini comuni che si trasformano in eroi e salvano il mondo e a tutta quella propaganda che rende gli USA l’Impero del bene. Ora il Re, agli occhi del mondo è nudo.
Torno nel mio ufficio per telefonare a Aimee Mullins, campionessa paralimpica ad Atalanta sui 100m, per la quale avevo scritto una sceneggiatura e che pochi mesi prima era venuta a Roma, proprio per conoscermi, diventando amici. Stava bene e stava per lasciare New York. Ne ero lieto.
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Rientro nella stanza del televisore e accade quel che si paventava: la prima Torre crolla; dopo pochi minuti crolla anche la seconda. Nella realtà delle cose le modalità sono tutt’altre, ma l’orrore vissuto vuole azzerare i tempi. Le immagini sono impressionanti, si fatica a credere che non sia un film ma la realtà; siamo tutti sotto shock, incapaci di parlare e immaginare il futuro, non tanto quello prossimo ma l’immediato.
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“Ci sveglia” un collega, autore responsabile della puntata dell’indomani mattina, rimasto per tutto il tempo alla sua postazione per scrivere il copione, incurante del dramma che stava accadendo. Entra in ufficio tutto incazzato e ci ricorda che c’è una trasmissione da preparare, come se noi stessimo giocando. Ero sul punto di mandarlo a quel paese, quando mi rendo conto che il suo cinismo era quel che ci serviva per uscire da quella sorta di trans mediatico e recuperare un minimo di lucidità. Poi dici: “Cinico TV!” A proposito, la puntata del giorno dopo registrerà il record di ascolto, mai battuto in dodici anni: onore al merito.
Quel giorno uscimmo tutti abbastanza presto dalla redazione, cosa inconsueta. Sul momento non ci rendemmo conto che, come per tutti i traumi, il dolore più forte sarebbe arrivato nei giorni successivi.
Quello che accadde nei giorni, nei mesi e negli anni successivi è Storia e in qualche modo ne stiamo ancora pagando le conseguenze, come il caotico ritiro dell’Afghanistan dimostra.
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In questi anni si sono avanzate le tesi più disparate: deviazioni investigative, complottismo interno, complottismo internazionale da parte di Paesi amici; da quando vennero alla luce i rapporti d’affari tra la famiglia Bush e la famiglia di Bin Laden e ancora, quando si scoprì che le armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein erano una balla inventata dai Servizi, per favorire l’intervento armato in Irak, le tesi complottistiche sono moltiplicate, inarrestabili.
In questi giorni, in occasione del ventennale del 11/9, il presidente americano, Joe Biden, ha ordinato al dipartimento di Giustizia e ad altre agenzie governative Usa di riesaminare i documenti dell’Fbi sugli attentati, così da poterli declassificare entro sei mesi.
Staremo a vedere.