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Donne al potere: da Sanna Marin passando per Jacinda Ardern e Giorgia Meloni

Tempo di lettura: 3 min.

Che cosa significa ricoprire un ruolo di governo pur non essendo un uomo?

Basta fare un giro sulle testate generaliste e di settore più note e spulciare i contenuti degli ultimi mesi per capire che il tema delle donne al potere è un tema di cui si ama dibattere. Non solo per parlare di potere, appunto.

Dimessa ufficialmente il 7 febbraio 2023, Jacinda Ardern, prima ministra Neozelandese dal 2017, ha 42 anni e, qualche settimana fa, ha dichiarato pubblicamente di non avere più l’energia giusta per rimanere alla guida del suo paese: “Ho dato tutta me stessa per essere primo ministro, ma mi è anche costato molto. Non posso e non devo fare questo lavoro se non ho il pieno di energie, oltre a un po’ di riserva per le sfide impreviste che inevitabilmente si presentano”.

Jacinda ha precisato che dietro la sua decisione non si cela nessuna motivazione segreta. “Sono umana. Diamo tutto ciò che possiamo il più a lungo possibile e poi arriva il momento. E per me è questo il momento”.

 
 
 
 
 
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Iconica, per rimanere sul tema non politico, la risposta della Ardern e della prima ministra finlandese Sanna Marin a un giornalista che, nel Novembre 2022, provocatoriamente chiedeva se il loro incontro fosse dovuto al fatto che fossero coetanee e donne.

Ardern, in quell’occasione, rispose all’attacco platealmente sessista senza peli sulla lingua: “Innanzitutto, mi chiedo se qualcuno abbia mai chiesto a Barack Obama e John Key se si fossero incontrati, quando accadde all’epoca, perché avevano la stessa età. Ovviamente, abbiamo una percentuale più alta di uomini in politica, è la realtà. Ma il motivo per cui ci siamo incontrate non è una questione di genere”.

Con la chiusa finale di Sanna Marin: “Certamente, ci incontriamo perché siamo prime ministre”.

 
 
 
 
 
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Come dimenticare, poi, la polemica sulla presunta cattiva condotta di Sanna Marin che, ripresa in video lo scorso Agosto euforica durante una festa privata, è stata messa con le spalle al muro con l’accusa di condotta illecita nell’esercizio delle sue funzioni e di negligenza rispetto ai doveri istituzionali? 

Fortunatamente il cancelliere della giustizia Tuomas Poysti che si è occupato del caso ha respinto le accuse e ha delegato al Parlamento l’onere di valutare la dimensione “morale e sociale” delle attività ricreative della prima ministra. Scagionata, dunque, la Marin ha comunque dovuto fare i conti e continuare a farli con il peso dell’opinione pubblica finlandese: “Sono un essere umano. E anche io a volte desidero gioia, luce e divertimento in mezzo a queste nuvole scure”. Un mondo dove il senso di colpa continua a detenere il potere corrosivo di coscienze umane, soprattutto donne. 

Più recente è il chiacchiericcio su Giorgia Meloni e la decisione di portare la figlia di 6 anni a Bali, in Indonesia, dove si è svolto il G20 a cui ha partecipato da presidente del consiglio. Nonostante le opinioni, perché di opinioni si è trattato più che di attacchi, la Meloni ha risposto facendo prevalere un velato vittimismo difendendo il diritto di esercitare il ruolo di genitore come meglio ritenuto. 

 
 
 
 
 
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Al ruolo di mamma, però, è interessante legare un articolo dell’Internazionale risalente a 10 anni fa (13 Luglio 2012 per l’esattezza), dove lo sfogo era di Anne-Marie Slaughter, prima donna a dirigere il policy planning del dipartimento di stato statunitense. 

In quel caso, l’incarico prestigioso di Anne-Marie, l’aveva portata nei diciotto mesi di direzione allo sgretolamento delle convinzioni femministe su cui aveva costruito tutta la sua carriera: “Volevo stare con la mia famiglia ed ero arrivata alla conclusione che non è possibile destreggiarsi tra un incarico pubblico di grande responsabilità e le esigenze di due figli adolescenti”.

Touché.

 

Image Michal Matlon on Unsplash

2560 1703 Giulietta Riva
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