Soprattutto ai tempi del virus
Dice il saggio: l’incubo del virus è senz’altro un buon motivo per smettere di fumare. Dice la logica: il Covid ti costringe a tali sacrifici, che aggiungerne un altro è come farsi del male. Eppure, a fare del male, il tabacco è uno specialista assoluto.
I numeri, al riguardo, sono impietosi. Secondo l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) il 25% dei decessi per cancro a livello globale è dovuto al tabagismo. A questo vanno aggiunti un milione di morti dovuti all’esposizione al fumo passivo. Una strage insomma. Che il Coronavirus rischia di incrementare in modo esponenziale.
Lo afferma, senza mezzi termini, il Ministero della Salute italiano. “I fumatori possono essere più vulnerabili al Covid: hanno una ridotta capacità polmonare e questo aumenta la possibilità di sviluppare malattie gravi come la polmonite”.
Senza dimenticare che lo stesso atto del fumare una sigaretta, può essere un veicolo di contagio. “Le dita ed eventualmente le sigarette infette – sottolinea la nota del ministero – arrivano a contatto con le labbra e questo aumenta il rischio di trasmissione del virus dalla mano alla bocca”.
Ma che tipo di reazione hanno avuto i fumatori italiani di fronte al primo lockdown? Contrariamente a quello che si potrebbe credere, nel nostro paese si è registrata una contrazione, sia pur leggera se si considerano i consumatori di e-cig. Se questo sia dovuto alla paura del virus o a una svolta virtuosa della popolazione non è dato sapere.
Certo è che uno studio dell’Iss (Istituto Superiore di Sanità) ha sviluppato una serie di dati che tracciano una quadro dai toni chiaroscuri. Secondo l’indagine, il numero dei fumatori di sigarette è passato dal 23.3% della popolazione al 21.9% registrando un decremento di circa 630.000 persone di cui 234.000 uomini e 295.000 donne.
Tra questi il numero maggiore di coloro che si sono sottratti alla dipendenza ha da 35 a 54 anni (270.000). Subito dietro i giovani che vanno dai 18 ai 34 anni (206.000), ultimi i cosiddetti cittadini della terza età che registrano all’anagrafe dai 55 ai 74 anni.
“I dati – afferma Roberta Pacifici, direttrice del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – ci dicono che il fumatore fortemente motivato ce la può fare a smettere e che situazioni di particolare emergenza sanitaria possono diventare una grande opportunità di salute”.
A soffocare l’entusiasmo, l’aumento consistente della popolazione che durante il periodo di chiusura della scorsa primavera, ha iniziato a fare uso di sigarette elettroniche. Lo studio lo quantifica in 436 mila persone, pari al 9.1% della popolazione, contro l’8.1% precedente l’irruzione della pandemia.
Il problema della lotta al tabagismo resta dunque una delle priorità assolute se è vero, come denuncia un rapporto dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), che il fumo causa circa 93.000 morti l’anno, più dei decessi dovuti al cornavirus che lo scorso 20 gennaio nel nostro paese ammontavano a 83.681.
Un vero e proprio sterminio al quale l’Istituto Superiore di Sanità raccomanda di opporsi attraverso politiche mirate che favoriscano la dissuasione, soprattutto tra i più giovani.
“Occorre continuare a investire nelle strategie efficaci di contrasto al tabagismo che includano azioni di promozione della salute, supporto alla cessazione e politiche di riduzione della domanda e dell’offerta”.
Raccomandazione alla quale noi di Acrimònia ci associamo con forza, elencando in 10 punti i motivi base per i quali vale veramente la pena di smettere:
- Il piacere di sentire i sapori.
- Il piacere di sentire i profumi.
- Il piacere di svegliarsi la mattina senza il mal di testa.
- Il piacere di non doversi alzare da tavola per uscire a fumare.
- Il piacere di togliersi uno stress pazzesco.
- Il piacere di non avere il fiatone.
- Il piacere di non puzzare.
- Il piacere di amare senza fatica.
- Il piacere di correre.
- Il piacere di vivere.
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