Ma perché proprio la poesia?
I mesi passati, una strana fine di inverno, seguita da una primavera assolutamente atipica, ci hanno abituate a tanto silenzio. Soprattutto chi vive nelle grandi città, si è ritrovata a fronteggiare giornate lunghissime cariche di solitudine dove l’unico contatto con il mondo era consentito tramite le superfici scintillanti di computer, tablet, smartphone.
Eppure, non so voi, ma comunicare ad alta voce sembrava essere diventato difficile. Quante volte vi siete ritrovate a registrare e ri-registrare audio su WhatsApp, perché le parole proprio non uscivano (io l’ho fatto tante tante volte)?
D’altronde quello che ci è successo sembra così assolutamente assurdo che ci troviamo quasi ammutolite e incapaci di esprimere quello che sentiamo. In momenti difficili, di crisi, di confusione spesso ho trovato un rifugio confortante nel mondo delle parole e in particolare della poesia.
Ma perché proprio la poesia? Può sembrare un po’ assurdo che una forma letteraria considerata tradizionalmente come qualcosa di arcaico e un po’ polveroso possa esprimere una sensibilità contemporanea, eppure se usciamo dai canoni a volte un po’ limitanti delle nostre antologie, troviamo tutta una produzione, femminile in particolare, che ancora oggi parla alla nostra sensibilità: Antonia Pozzi, Emily Dickinson, Sylvia Plath, sono solo alcuni dei nomi che si possono citare.
Le loro opere sono custodite in libri ma anche nelle pagine dei blog di Tumblr, dove esistono vere e proprie community poetiche che condividono pensieri e combinano frammenti di diverse poesie per raccontare mood, stati d’animo, sensazioni, con migliaia di condivisioni.
Forse sembra strano, ma il potere delle parole è qualcosa di immenso. Siamo la prima generazione che si è ritrovata a combattere una guerra silenziosa e passiva. Escludendo le categorie che hanno coraggiosamente continuato a lavorare, come il personale di servizi sanitari ed alimentari, ci è stato detto che l’unica soluzione per vincere era quella di non fare assolutamente nulla e stare in casa. Sono state organizzate tante iniziative solidali, ma ci siamo sentiti comunque impotenti e soli di fronte a qualcosa di incomprensibile. E in questo caso mi sono ritrovata letteralmente ad avere il bisogno di leggere parole luminose, confortanti e la gioia momentanea che mi hanno portato è stata qualcosa di immenso. Poi è arrivata la voglia di descrivere le emozioni con parole mie. Un’espressione personale certo, ma in questo caso è diverso, perché il personale è stato riflesso di uno stato mentale collettivo, che ha accomunato praticamente tutto il mondo (è mai successa una cosa simile? Ne dubito). Le metafore, le immagini, i colori del mondo di casa di una singola persona sono diventati quelli di tutti e non è forse questa una cosa bellissima in un certo improbabile senso? E qual è il posto in cui le più giovani, chiuse in casa, in smart working e non, condividono il loro mondo personale e collettivo? Instagram, ovviamente.
Sono nate allora tutta una serie di contest e gare di condivisione per esprimere gli stati d’animo in un momento così difficile. Potremmo dire che si è trattata di una sorta di terapia di gruppo, senza confini fisici, dove la condivisione fa assolutamente bene.
Uno degli esempi che mi ha più colpito è quello di Greta Bellamacina. Modella, regista, attrice (ha iniziato con una piccola parte come studentessa di Serpeverde in Harry Potter e il Calice di Fuoco) è un’apprezzata autrice che considera la poesia come qualcosa di “punk” che vive in luoghi pubblici, tra la gente e nelle piattaforme online e che non ha nulla di arcaico, ma può esprimere una sensibilità assolutamente contemporanea e sociale. Sul suo profilo ha condiviso durante il periodo di lockdown diversi componimenti, tra cui quelli pubblicati in occasione della sfilata FW19/20 di Valentino (rispostati anche dal brand), messaggi femministi, lettere d’amore nei confronti del personale sanitario che si è preso cura di noi.
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Un altro esempio fantastico è Lou Doillon. Una delle icone della bellezza e dello stile francese (e ci credo, è figlia di Jane Birkin e sorella di Charlotte Gainsbourg) ha aperto ogni giorno le porte della sua libreria (caotica in modo super estetico ovviamente) a dirette in cui ha condiviso musica, opere spesso consigliate dai followers, di Baudelaire, Bukowski, Plath, Ovidio, Omero, per momenti di immensa bellezza.
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Fortemente sociale è invece la poesia di Mimi Zhu. Un’attivista che considera la scrittura un’azione radicale, una sorta di ancora di salvezza, che aiuta a preservare la sanità mentale, a guarire ferite dell’anima e a creare un senso di unione e comunità senza confini. Uno dei suoi componimenti, un manifesto intenso sulla necessità di creare un mondo più equo dopo l’emergenza Covid-19, è diventato piuttosto noto, dopo essere stato condiviso nientepopodimeno che dall’eterna principessa del pop Britney Spears. Strane magie dell’Internet.