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Come si vota

Tempo di lettura: 3 min.

Il 25 settembre si andrà a votare con la legge del Rosatellum, che assegna i seggi in Parlamento secondo un sistema misto: un terzo con meccanismo maggioritario, due terzi con proporzionale. Esaminiamo come funziona, cercando di capire quali sono le criticità che si presenteranno.

Dal momento che questo è un Paese con la memoria pari a quella di un pesciolino rosso, va ricordato che l’attuale legge per le elezioni politiche, che oggi tutto l’arco parlamentare licenzia come mostruosità è stata votata da tutti, Movimento 5 Stelle escluso. Ma tant’è!

La legge si basa su un sistema misto di ripartizione dei seggi, un mix tra un meccanismo maggioritario e uno proporzionale. Un terzo dei seggi viene assegnato con il sistema maggioritario, ovvero nei collegi uninominali il candidato che prende più voti vince. Nei collegi plurinominali, i restanti due terzi, i candidati vengono eletti in modo proporzionale, in base ai voti ottenuti. È prevista una soglia di sbarramento al 3% per i singoli partiti e del 10% per le coalizioni. Si perché questo sistema, per governare, premia le coalizioni che presentano un unico candidato nel sistema uninominale, mentre penalizza i singoli partiti che si scontrano con più candidati.

A questo si aggiunge che per la prima volta queste elezioni politiche prevedono il taglio del numero dei parlamentari; i seggi assegnati con il sistema maggioritario saranno 147 alla Camera (su un totale di 400) e 74 in Senato (su in totale di 200). Infine, 8 seggi alla Camera e 4 al Senato vengono assegnati secondo il voto degli italiani all’estero. 

 
 
 
 
 
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Il combinato disposto tra il Rosatellum e il taglio dei parlamentari crea una criticità nei seggi assegnati con sistema maggioritario, soprattutto al Senato. Si è detto che alleanze e singoli partiti presentano il loro candidato e vince chi ottiene un voto in più, ora nei collegi che rappresentano città molto popolate come Bologna o Genova si finisce per eleggere un solo senatore, che deve però rappresentare un numero di persone decisamente elevato. In più alcuni collegi uninominali comprendono anche centinaia di migliaia di cittadini più di altri e l’effetto, non solo percepito è come se il voto di chi vive in un determinato territorio contasse meno di chi vive in un altro.

Nei collegi plurinominali i candidati vengono eletti in base ai voti ottenuti a livello nazionale da ogni lista. Proporzionalmente ai consensi ricevuti, appunto. Ogni listino è composto da due fino a quattro nomi; è in vigore la quota di genere: ne uomo, ne donna possono rappresentare oltre il 60% dei candidati rappresentati.

 
 
 
 
 
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La legge elettorale a sistema proporzionale rappresenta in maniera più definita gli equilibri tra le forze politiche, riconoscendo la giusta misura anche ai partiti “minori”. Qui la criticità sta nella modalità con cui vengono assegnati i seggi su base nazionale, un sistema complesso che, già si prevede, potrebbe avere degli effetti imprevisti, soprattutto alla Camera.

Il più paradossale è il cosiddetto “effetto flipper”, dovuto al metodo top-down, ovvero nelle diverse circoscrizioni in cui è suddiviso il territorio, non tutte grandi uguali, potrebbe essere necessario fare qualche aggiustamento per rispecchiare fedelmente i risultati ottenuti dai partiti a livello nazionale; significa che un partito potrebbe vedersi assegnare un tot numero di seggi nella circoscrizione X per dei voti ottenuti in quella Y. Gli elettori di Trieste, ad esempio, potrebbero con il loro voto a un certo partito procurargli un seggio a Benevento.

 
 
 
 
 
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Un’ulteriore criticità riguarda la quota proporzionale dei seggi in Senato che avviene, come già detto, su base regionale. Qui la soglia del 3% di sbarramento potrebbe non essere sufficiente, per l’esiguo numero dei posti disponibili in talune Regioni, nella distribuzione dei seggi per tutti i partiti. O la si supera e di molto o si rischia di rimane esclusi.

Questa è una riprova per la quale questa legge favorisce le coalizioni e penalizza i singoli partiti. Alla quale si aggiunge il divieto del voto disgiunto: non è possibile votare una certa lista al proporzionale ed esprimere allo stesso tempo una preferenza all’uninominale per un candidato che fa parte di un’altra lista.

 
 
 
 
 
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A differenza di altri sistemi elettorali proporzionali, il Rosatellum non prevede nessun premio di maggioranza; una norma per cui a un partito o a una coalizione che raggiunge la maggioranza, si assegnano ulteriori seggi in modo da rafforzarne il peso all’interno del Parlamento.

Il voto politico è la massima espressione democratica, un Diritto conquistato tra mille vicissitudini storiche, costato lacrime e sangue; oggi più che mai, comunque la si pensi è un Dovere che va compiuto da tutti, per salvaguardare la democrazia! 

2560 1440 Gianfranco Gatta
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