Il nuovo millennio, ormai quasi venticinquenne, non ha portato con sé soltanto la paura di una crisi totale dei computer che avrebbe portato alla sparizione completa dell’umanità. Si è fatto carico di dare il via ad una generazione bistrattata di cui, secondo alcuni, ci siamo già dimenticati
I trentenni italiani, comunemente detti Millennial, sono la generazione che il Bel Paese si è dimenticato di valorizzare? Secondo alcuni esperti della materia, in quanto appartenenti alla generazioni in questione, la risposta è affermativa, anche se nei fatti negativa. Gli attuali trentenni, compleanno più, compleanno meno, avrebbero trovato posto solo nelle ultime pagine dell’agenda politica, con attenzioni solo sporadiche e rare apparizioni sui tavoli che contano. Anche in conseguenza di questa sottovalutazione sociale, il mercato del lavoro li avrebbe relegati a svolgere mansioni precarie o sottopagate.
E unendo i puntini, tutti rigorosamente a matita, che conducono al futuro dei Millennial sarebbe poi evidente che con basi così fragili e incerte anche il futuro non brilla radioso, nella sostanziale impossibilità di costruire nuclei e famiglie. In compenso alla fine del tunnel ci sarebbe una incerta vecchiaia, poco garantita da pensioni piuttosto magre e rese incerte dai buchi contributivi legati alla discontinuità del lavoro e dall’esiguità degli stipendi.
Un quadro piuttosto fosco per i nati a cavallo dei due millenni, che il libro di Giorgia Pacione Di Bello, “Millennial – La generazione dimenticata” spiega mettendo in evidenza come lo scontro generazionale tra Millennial, Baby Boomers e Gen Z sia inevitabile ed anzi già in corso. Per i trentenni il quadro appare anche aggravato dall’essere nati con l’analogico, sebbene ormai al tramonto, per poi venire traghettati a forza verso un mondo super digitale e sociale, che ruota velocemente, costantemente e quasi inevitabilmente intorno a cellulari, internet, i computer.
Per la generazione che più di altre – precedenti e successive – avrebbe potuto mettere a valore la flessibilità del lavoro, le nuove tipologie di impiego smart dislocato fuori da aziende e uffici, la voglia di ottenere risultati rapidi e tangibili, si sarebbe invece aperto un presente di precariato, preoccupazioni e povertà, presente e futura.
E tutto ciò avrebbe delle conseguenze tangibili e misurabili, come riscontrano i dati dell’Osservatorio GenerationShip realizzato da Gruppo Unipol in collaborazione con Kienn: proprio gli italiani fra i 27 e i 43 anni si trovano a vivere una situazione dominata da incertezza, ansia, percezione di mancanza di controllo sulla vita e, a volte, depressione. Disturbi da associare ad una vita senza certezza lavorative e reddituali e alla conseguente difficoltà di prendere una direzione e di dare una parvenza di concretezza alla propria esistenza.
Anche per Beniamino Pagliaro “Boomers contro millennials” esiste un problema generazionale di cui le condizioni di vita dei trentenni sono la prova: la generazione dei Millennial è caratterizzata da stipendi più bassi rispetto a quelli che percepivano i genitori, e da poche certezze. Hanno dovuto attraversare ben 2 crisi: prima quella economica iniziata in America, poi la pandemia che ha completamente rivoluzionato il modo di vivere. E ora le guerre, la paura e l’inflazione. Alle illusioni perdute si somma un presente che richiede una formazione più elevata che però porta a livelli retributivi inferiori di quelli di un tempo.
A quanto pare, per i trentenni di oggi la festa è finita prima di cominciare.