La premier finlandese sfida Mosca e chiede di poter entrare nell’alleanza atlantica
Giovinezza, sorriso smagliante, occhi cristallini e abiti semplici sono una ventata di freschezza in questa delicata situazione di equilibri politico-militari, freschezza che però non getta ombra ad altrettante parole ferme: così Sanna Marin, prima ministra finlandese, si è presentata alle telecamere della conferenza stampa tenutasi mercoledì 18 maggio, accanto al premier Mario Draghi. Palazzo Chigi ha infatti accolto la giovanissima premier a seguito della richiesta da parte della Finlandia di voler entrare a far parte della NATO – richiesta avanzata inoltre in contemporanea dalla Svezia.
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Durante la conferenza stampa, Draghi ha sottolineato come tale richiesta sia “una chiara risposta all’invasione russa dell’Ucraina e alla minaccia che rappresenta per la pace in Europa, per la nostra sicurezza collettiva” e, di conseguenza, non può che seguire un solido appoggio da parte dell’Italia.
Come infatti ha dichiarato la premier stessa, gli effetti delle azioni russe minano la sicurezza dell’Unione Europea e della Finlandia, andando a colpire civili e innocenti. Lo stato finnico è perciò uscito dalla sua storica neutralità, mettendo fine alla volontà di non allineamento dei contingenti militari stabilito dall’Accordo di amicizia, cooperazione e mutua assistenza del 1948, tra URSS e Finlandia.
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Il coraggio di sfidare Mosca e gli orrori della guerra (simbolico e significativo, se si considera che la premier è stata cresciuta da due mamme) non può certo mancare a chi di orrori ne ha già vissuti dall’infanzia. Sanna Marin non nasce affatto con la camicia e dal 16 novembre 1985 la sua vita è solo una lunga salita: la grave dipendenza di alcool del padre spinge infatti la madre a scappare di casa e a provvedere da sola alla figlia piccolissima; a solo un anno, la Marin trascorre infatti il compleanno in una casa per donne maltrattate. L’impegno e la concentrazione a far carriera tuttavia sono i suoi fedeli compagni, che non la fanno demordere dal fare mille lavoretti per potersi pagare l’università di scienze amministrative a Tempere e farsi già conoscere: a 20 anni infatti Sanna ha già decretato il suo ingresso nella scena politica, tra le file del movimento giovanile socialdemocratico, tanto da diventarne il vicepresidente dal 2010 al 2012.
Da lì la corsa ai piani alti, anzi altissimi, procede inesorabile, sedimentata da un forte attivismo sul versante dei social network, dove la Marin intraprende spesso ampi dibattiti su ecologia, welfare e istruzione; come rush finale, nel 2015 viene eletta deputata dell’Eduskunta, il parlamento di Helsinki, nel giugno 2019 ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni (direttamente da Antti Rime, il predecessore) e, infine, premier a dicembre 2019, detenendo il record di più giovane primo ministro al mondo.
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A una scalata così faticosa dovrebbe quindi corrispondere un meritato riposo e l’ammirazione di un panorama spettacolare; dal 2019 purtroppo ciò che si è prospettato agli occhi delle premier finlandese è stato qualcosa di più simile a una landa a tratti desolata e a tratti cosparsa di macerie. Ma Sanna Marin è ancora ben lontana dal sentirsi stanca: la pandemia da COVID-19, che ha tristemente inaugurato il suo mandato, non ha infatti minimamente scalfito la premier progressista, che è in attesa di un responso da parte degli stati membri della NATO.
Ricordiamo infatti che la richiesta di adesione all’alleanza presuppone un serie di requisiti e procedure di non poco conto e di non breve durata, su cui tuttavia la Finlandia può dire di aver già quasi messo una spunta verde (sistema politico democratico, economica di mercato, trattamento equo delle minoranze, contributo militare alle operazioni NATO ecc…). Il presidente Joe Biden ha infatti dichiarato non solo il suo pieno appoggio all’ingresso dello stato finnico, ma garantito che “gli USA lavoreranno con Finlandia e Svezia nel vigilare contro qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza comune e per scoraggiare e affrontare un’aggressione o la minaccia di un’aggressione mentre le loro domande di adesione alla Nato vengono prese in considerazione”: ciò significa che, nonostante i due stati non facciano ancora parte dell’alleanza, quest’ultima assicurerebbe comunque la difesa in caso di attacchi esteri, uno infatti dei principi basilari della NATO.
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Si presenterebbe quindi per l’UE e gli altri Paesi non solo uno scenario di ulteriori alleanze, ma un massiccio contributo militare: si stima che Finlandia e Svezia mobiliterebbero più di un milione di unità tra caccia e sottomarini, contando oltretutto che Helsinki possiede la più vasta gamma di artiglieria europea e un ottimo sistema di intelligence, in funzione dello spionaggio ai danni del Cremlino.
Tuttavia un primo e serio ostacolo è costituito dal secco no del leader turco Recep Tayyip Erdogan, che considera un pericolo l’ingresso delle due nazioni: il rancore di Ankara sarebbe mosso infatti dalle presunte posizioni filo curde di Svezia e Finlandia, accusate di aver dato asilo e negato l’estradizione a diversi sospettati membri del partito separatista di PKK-YPG, etichettato come terrorista da parte degli USA e della NATO.
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Ad oggi si è in attesa di un responso, mentre la GASUM, la società di gas finnica, ha dichiarato che da ieri, 21 maggio, è stata interrotta ufficialmente l’erogazione energetica da parte di Mosca: a seguito infatti della negazione di Helsinki del pagamento in rubli, i rubinetti russi sono stati chiusi, per cui la fornitura in terra finlandese arriverà con il gasdotto Balticconnector dall’Estonia.