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ChatGPT, l’intelligenza artificiale e il futuro dei giornalisti

Tempo di lettura: 3 min.

Cosa succederà da qui in avanti?

Sulle origini, le potenzialità e le finalità ultime di ChatGPT, il tecno trend del momento, ha già fatto luce Beatrice. I dettagli tecnici, le scelte nascoste del team di progettazione e i più oscuri segreti sulla conquista del mondo da parte di robot veri o virtuali li approfondiremo in seguito, sempre se ce ne sarà modo…

Ma uno degli aspetti che sembrano incuriosire di più gli addetti ai lavori ed anche chi svolge professioni del tutto diverse – Repubblica ha svolto un interessante esperimento insieme agli studenti della Luiss – riguarda l’impatto di questo redattore automatico di articoli, interviste, dossier e approfondimenti sul lavoro e sull’esistenza stessa dei giornalisti. La domanda che in molti, dentro e fuori dalle redazioni di sono posti è semplice quanto decisiva: “Riuscirà ChatGPT, o una sua più o meno futuribile evoluzione, a soppiantare completamente il lavori dei giornalisti rendendoli di fatto superati ed inutili?”.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da la Repubblica (@larepubblica)

Un certo numero di analisti e di smaliziati lettori abituali hanno avuto buon gioco ad alzare il sopracciglio ed a twittare che, in fondo, questo scenario si è già verificato e che con l’intelligenza artificiale si elimineranno una serie di fastidiosi dettagli marginali che i giornalisti umani tendono a porre in primo piano. Di certo si supererebbero tutte le vertenze sul giusto compenso, i turni, le ferie, la deontologia, con buona pace di editori veri e presunti.

Per il resto, per quanto riguarda la produzione di testi e approfondimenti, davvero ChatGPT, o una sua più o meno futuribile evoluzione, potrà mandare definitivamente in pensione la categoria? La questione resta aperta. Probabilmente la stesura di articoli per il web, strategicamente incentrati su parole chiave e alchimie varie mirate ad ottenere un buon piazzamento sui motori di ricerca, potrebbe essere facilmente appaltata ad una intelligenza artificiale, che oltretutto non si alambicca su questioni di principio e richiami alla correttezza e alla qualità. Sempre che si accetti, come principio, che chiunque possa scrivere di qualunque argomento, senza porsi troppe domande sulla privacy, sulle fonti, sui dati giusti da consultare. Un quadro che purtroppo caratterizza già anche un certo numero di giornalisti, che evitano di svolgere anche la minima verifica di ciò che scrivono, lanciando storie straordinarie che poi si rivelano narrazioni coinvolgenti quanto fantasiose piuttosto che fatti reali ben ricostruiti.

 
 
 
 
 
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ChatGPT, o una sua più o meno futuribile evoluzione, potrà sicuramente assolvere alle richieste informative del momento: un testo non eccessivamente complicato, pieno di parole chiave, scritto velocemente, ottimizzato per diventare virale e creare dibattito e interazioni sui social. Se poi ci scappa qualche fake news, se si attinge a dati non verificati o controversi, se le questioni etiche vengono lasciate a margine, pazienza. È possibile che la differenza con la situazione attuale non balzi nemmeno troppo agli occhi.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da SL KNOWN (@teshabro)

A ben guardare, l’intelligenza artificiale potrebbe inserirsi, non lei/essa medesima ma il suo ruolo, nel dibattito in corso sulla funzione dell’Ordine dei giornalisti ed anche sull’apertura a figure professionali erroneamente considerate assimilabili: la classica scorciatoia all’italiana per non affrontare i problemi preferendo piuttosto girarci intorno cercando un rimedio di fortuna. Ma, paradossalmente, proprio ChatGPT, o una sua più o meno futuribile evoluzione, potrebbe depotenziare le pretese di social media manager, comunicatori e programmatori web, dimostrando di poter sostituire proprio queste figure e facendo tornare al centro della riflessione il ruolo dei giornalisti e la necessità di una evoluzione della professione incentrata su responsabilità, qualità, etica…. 

Image Arseny Togulev on Unsplash

2560 2560 Marco Squadroni
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