mercoledì, 09 Ottobre 2024
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Cercasi più consapevolezza digitale. Intervista a Social Warning

Tempo di lettura: 4 min.

Il digitale è parte fondamentale delle nostre giornate: sappiamo starci nel modo corretto?

Per anni ci si è concentrati sull’apprendimento dell’informatica, intesa come uso di una tastiera e creazione di un indirizzo di posta elettronica. Oggi si nasce nativi digitali, l’uso di questi strumenti è scritto nel patrimonio genetico; a mancare è l’educazione all’uso consapevole ed etico degli strumenti digitali. Social Warning nasce proprio per colmare questo vuoto. Ne abbiamo parlato con Luca De Rosa, co-fondatore e coordinatore dei formatori di Social Warning.

Qual è l’obiettivo di Social Warning?

Formalmente nata nel 2019, Social Warning ha l’obiettivo di formare cittadini consapevoli sull’uso del digitale: i 300 formatori volontari, presenti in tutt’Italia, sono persone che conoscono il questo mondo e vogliono parlarne in modo corretto con le persone.

 

 
 
 
 
 
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Quali tematiche toccate nello specifico?

Social Warning è l’ammiraglia di un progetto più ampio, il Movimento Etico Digitale. Sotto questo nome e con iniziative ad hoc, affrontiamo diverse tematiche come reputazione digitale, sexting, cyberbullismo, dipendenza dai social.

Quali altri progetti fanno parte del Movimento Etico Digitale?

Non Sei Liber*, che segue i ritmi di una redazione online e racconta limiti e potenzialità del digitale; SexEdBot, un bot su Telegram, dietro il quale ci sono esperti, che offre un servizio di consulenza digitale sulla sessualità. E ancora: l’Osservatorio scientifico sull’educazione digitale, che redige un rapporto annuale sull’uso di Internet da parte dei nuovi cittadini digitali, sulla base dei dati che raccogliamo durante i nostri incontri.

Come si articola un vostro incontro?

Di solito dura 2 ore. Spesso andiamo a parlare nelle scuole, ma organizziamo molti interventi anche con gli adulti. Non è mai una lezione frontale, bensì un dialogo tra formatore e pubblico. Ogni formatore segue le linee guida di Social Warning, ma mette molto del suo, sull’aspetto del digitale che più conosce.

 

 
 
 
 
 
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È più difficile parlare con i ragazzi o con gli adulti?

Con i ragazzi è più semplice: puoi ancora formarli perché aperti mentalmente. Con gli adulti, per 30 anni hanno avuto sempre lo stesso approccio al digitale: è difficile e faticoso capire che ci può essere un altro modo di vivere in rete.

Riscontrate lo stesso interesse?

Generalmente c’è un entusiasmo iniziale; quando arriva il giorno dell’incontro, la partecipazione cala. Siamo molto bravi a rimandare le cose urgenti, e l’uso consapevole del digitale è una di quelle. È percepita come una tecnologia che si sa padroneggiare benissimo, un posto sicuro, finchè non capita qualcosa. Noi vogliamo dire “ragiona, non fidarti ciecamente e sii aperto a cambiare opinione”. Ma soprattutto di ricordarsi che quello che si fa online rimane: può fare del bene, come del male, a sé stessi o agli altri.

È quella che definite responsabilità digitale, giusto?

Esatto; molte persone che formiamo non hanno idea di cosa sia. Non si ha la percezione che se scriviamo qualcosa sui social, non stiamo parlando in una stanza. Oggi, la stanza in cui parliamo è il mondo: se scorriamo i commenti sui social o i siti che si spacciano come d’informazione, si comprende che pochi si pongano la domanda “cosa sto facendo pubblicando questo contenuto?”.

 
 
 
 
 
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Come vi ponete riguardo l’AI?

L’intelligenza artificiale è oggi sulla bocca di tutti perché c’è interesse mediatico ed economico, ma non è nata ieri: si parla di AI già da fine anni Novanta; Open AI è stata ufficialmente fondata nel lontano 2015! Stiamo lavorando per creare un format con cui trattare l’argomento: l’idea è quella di rendere consapevoli le persone che dietro a questa tecnologia, alle informazioni a cui attinge, ci sono delle persone. Non è possibile ad oggi pensare che sostituisca l’essere umano su alcune cose, quindi: fighissima l’AI, ma al nostro fianco. Non al posto nostro.

Mi sembra di capire che Social Warning sia sempre più solida e strutturata: avete pensato di esportare il format fuori dall’Italia?

Ad oggi è difficile perché siamo tutti volontari, sostenuti unicamente dal 5×1000 e da alcune partnership con aziende e fondazioni. Stiamo lavorando con altre realtà europee come la nostra per creare una rete di associazioni e per promuovere la European Digital Citizenship Day, una giornata sul tema del digitale consapevole. C’è davvero bisogno di parlare di più di educazione digitale: non è compresa neanche nelle ore di educazione civica!

 

 
 
 
 
 
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Qual è la paura più grande che le persone hanno del digitale?

Non saprei dirne una in particolare. Quando prendono coscienza di conoscere poco lo strumento, di essere deboli e di regalare dati senza sapere dove finiscono, percepisco una sorta di distacco dallo smartphone.

E la potenzialità non percepita?

La possibilità infinita di sviluppare conoscenza. Per esempio nell’ambito dell’informazione, delle lingue, della finanza o del sesso. Cose di cui a scuola difficilmente se ne parla.

Mi sembra di capire che Social Warning sia sempre più solida e strutturata: avete pensato di esportare il format fuori dall’Italia?

Il rischio di incappare in informazioni errate e dannose c’è però… Fa parte del gioco; noi vogliamo sensibilizzare su come riconoscere le informazioni vere da quelle false. Una volta compreso il metodo, non puoi più farti male e il mondo digitale diventa davvero una risorsa infinita di conoscenza!

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

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