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Caso Fedez: perché è assolutamente inopportuno parlare di censura

Tempo di lettura: 4 min.

L’opinione di un autore Rai

Quello che mi lascia attonito sul caso/non caso Fedez è il dibattito e le polemiche politiche che strumentalmente si sono create da un paio di giorni.

Qui devo fare un paio di premesse: non sono un amante del politicamente corretto, a volte lo trovo perfino razzista, quasi sempre stupido e nella declinazione di genere assolutamente sgrammaticato e cacofonico.

Ad esempio, declinare Ministro al femminile ricorda tanto un gergo dialettale: “passame a ministra” ovvero “passami la minestra”. Se vi piace! Pio e Amedeo, Checco Zalone, personalmente non mi fanno ridere ma nei loro testi non trovo nulla di offensivo perché hanno una profondità di significato che vanno oltre le parole dette.

Questo è il problema, tutti noi il più delle volte abbiamo la capacità di concentrazione di un pesce rosso.

Ricordo un Sanremo, credo quello di Morandi, dove Celentano, il cattolicissimo Celentano, sale sul palco e usa un panegirico di parole fatto anche di blasfemia per esaltare le virtù di Gesù; chi era seduto accanto a me coglie le parole blasfeme e si indigna con furore, gli faccio notare che la perifrasi sta servendo per arrivare ad esaltare l’opera di Cristo e allora si placa. Durata della scena? Meno di venti secondi!

La seconda premessa riguarda il caso/non caso Fedez: non me ne frega nulla.

Perché lo chiamo caso/non caso? Perché Fedez è salito sul palco del primo maggio, festa del lavoro e ha detto liberamente quello che aveva intenzione di dire, quindi nessuna censura “de facto”.

 
 
 
 
 
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La cosa che mi indigna è questo attacco strumentale, attraverso la mistificazione dei fatti, nei confronti della Rai proprio alla vigilia del rinnovo delle cariche. Non vorrei che il povero Fedez, alla fine, risultasse come “l’utile idiota” di tutta la vicenda.

Riavvolgiamo il nastro.

C’è un video e già questo lo trovo a dir poco anomalo, dove si vede Fedez che si arrabbia con l’interlocutore e legge delle frasi schifose pronunciate da più esponenti appartenenti alla Lega.

Si sente l’interlocutore, imbarazzato e sovrastato dalla veemenza del cantante, tentare di spiegare il contesto del programma; poco dopo si sente la voce del Vice direttore intromettersi, in maniera totalmente inopportuna nei tempi e nei modi, con l’errata convinzione che la sua sola qualifica possa essere elemento di mediazione; dura un battito di ciglia, lascia subito il campo senza pronunciare nulla di dirimente.

 
 
 
 
 
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Una gestione confusa, in fine sbagliata.

Qui si confonde linea editoriale con censura e la linea non è sottile, ci passa un baratro.

Conosco l’autore, una persona per bene, timida e un fenomeno nel compilare “la scaletta” di un programma. Naturalmente conosco anche il Vice direttore e con tutto l’affetto, dal momento che è una giornalista di lungo corso, non la reputo all’altezza di trattare con gli artisti. Ci vuole tanta esperienza e soprattutto tanta pazienza.

Per più di trent’anni ho lavorato in Rai come regista e autore e conosco bene tutti i “trucchi” della Comunicazione. Potrei citare “Blade Runner” ma ve lo risparmio!

Posso dirvi cosa avrei detto se mi fossi trovato nella condizione del collega: “Caro Fedez, lei è un artista ed è libero di andare sul palco e dire ciò che vuole ma mi corre l’obbligo, dal momento che sono l’autore del programma, di dirle che il suo monologo è fuori contesto, così come lo sarebbe un monologo sulla caccia alle balene e ai delfini, da parte dei giapponesi. La Festa del Primo del Maggio che è la festa del lavoro offre talmente tante mine sociali che vanno dal lavoro minorile, ai morti sul lavoro, dalla disparità di genere al caporalato e tanto altro ancora. Se vuole, scelga quello che più le garba e se è di aiuto, le scrivo il testo in un paio d’ore. Poi faccia come meglio crede”.

E Fedez ha fatto giustamente quello che ha reputato meglio.

Questa però si chiama linea editoriale alla quale un autore ha l’obbligo deontologico e legale di attenersi!

La censura è tutt’altra cosa. Innanzitutto non è mai diretta è subdola è strisciante è una “mano nera” che ti isola e ti accompagna alla porta. Isolare Paolo Rossi, Daniele Luttazzi, costringere Giovanni Floris e lo stesso Massimo Giletti a migrare verso altre Reti. Intimare a Biagi di lasciare il proprio spazio, tra l’altro di gran successo; ridurre a macchietta quello che poteva diventare un genio della televisione: Piero Chiambretti. Potrei continuare per altre cinque cartelle.

Trovo che l’autocensura sia ancora più devastante e questo riguarda tutto il mondo dell’Informazione, non solo la Rai. Celare informazioni e fatti per compiacere questo o quello è aberrante; minimizzare, occultare, mistificare per interesse personale è criminale. Fateci caso, a parte il teatrino politico delle TV, Cronaca Nera e Gossip sono i maggiori temi dell’informazione; il giornalismo d’inchiesta è praticamente sparito.

In ultima analisi c’è una considerazione da fare. Ho sentito tanti opinionisti sproloquiare sul fatto che alcuni leader politici temano influencer che hanno milioni di followers e lo ripetono come un mantra. È un gioco pericoloso, sul quale varrebbe la pena autocensurarsi. Se la tenuta delle Istituzioni cominciasse a dipendere dall’umore di una decina di influencer, non c’è Draghi che tenga, la democrazia sarebbe a forte rischio.

 

 

 

150 150 Gianfranco Gatta
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