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Barbie e il potere sovversivo del rosa

Tempo di lettura: 3 min.

In una società che ancora condanna e vede come inferiore tutto ciò che è femminile, perché non trasformarlo in un punto di forza?

Se anche voi siete completamente in hype e non pensate ad altro che al film Barbie, in uscita il 21 luglio, avrete sicuramente visto il video pubblicato dalla rivista Architectural Digest, in cui Margot Robbie, protagonista e Barbie titolare, ci porta a scoprire il set del film.

Rosa, rosa ovunque: tutto il set è avvolto da diverse sfumature del colore più zuccheroso, tanto che Sarah Greenwood, scenografa del film ha dichiarato drammaticamente: Il mondo ha finito il rosa. Il dettagliatissimo set ha infatti richiesto talmente tante confezioni di vernice rosa da esaurire le scorte della ditta produttrice.

È scoppiata la Barbie-mania e dunque la rosa-mania, in quella che sembra essere una riscoperta di un personaggio e di un immaginario che apparivano ormai fuori moda. Ma è veramente così?

Niente è come sembra

Parlando dei colori del set, la regista Greta Gerwig ha dichiarato di aver partecipato a infinite riunioni per scegliere il rosa perfetto e il suo desiderio era quello di utilizzare un tono molto acceso, poiché da bambina era attratta proprio dal rosa più brillante e shocking. Il rosa come spazio della girlhood. Greta Gerwig conosce bene e ha catturato lo spirito e le ambizioni delle ragazze, con pellicole come Piccole Donne e Lady Bird, dove ha messo in scena in modo struggente i sogni, le aspirazioni e le difficoltà delle sue protagoniste. E guardando il trailer di Barbie, diviso tra un’atmosfera da sogno, quasi da musical e momenti più riflessivi, possiamo aspettarci una rappresentazione simile.

Barbie superficialmente è la visione più standard di una femminilità convenzionale: è magra, bionda, bella, sempre truccata e vestita alla moda. Eppure se guardiamo la sua storia, scopriamo che è una bambola che è stata da sempre al passo con i tempi: creata dall’imprenditrice Ruth Handler e presentata ufficialmente al pubblico nel 1959 questa bambola, la prima con delle fattezza da donna, ha attraversato mode, movimenti, controversie, è stata definita “dannosa” per l’autostima delle ragazze, ma anche cambiato forma, presentandosi più inclusiva, con toni di pelle e fisici diversi, con disabilità e attraversando oltre 200 professioni, dall’astronauta alla veterinaria.

 
 
 
 
 
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E nel mondo di Barbieland, Margot Robbie e le altre Barbie sono donne completamente diverse tra loro, sono presidentesse, avocatesse, scienziate ma tutte amano il rosa. Un binomio impossibile? Scommetto che anche voi da adolescenti avete attraversato la fase “odio il rosa”. Bombardate da modelli di femminilità spesso irraggiungibili, ci siamo allontanate da tutto ciò che è convenzionale: odiare il rosa è cool perché è un colore da “femminucce”, deboli e frivole.

Eppure oggi, abbiamo scoperto come il “think pink” sia un pensiero che si può plasmare sulle nostre identità: perché non posso amare il rosa, i glitter e anche l’astrofisica? 

Se ci pensiamo bene alla fine, tutto è relativo e i codici cambiano: sapevate che in epoca vittoriana il celeste era il colore associato alle bambine, per il suo tono delicato, mentre il rosa era più maschile, essendo un colore acceso?

La sua natura brillante lo trasforma nel colore della giovinezza femminile secondo il Greta-Gerwig-pensiero, un’età spesso denigrata per la sua immaturità, che in realtà nasconde sogni e ambizioni in technicolor. Il rosa, proprio perché  è urlato, si fa notare, è anche il simbolo di movimenti di ribellione, ad esempio è da sempre stato utilizzato dalla comunità LGBTQ+ per simboleggiare una rivolta che va contro i dettami della società. Il rosa è tornato alla ribalta con la moda Y2K,che mette in scena una femminilità alla Mean Girls ma la rilegge con gli occhi e la sensibilità di oggi.

 
 
 
 
 
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E in uno scenario socio-culturale come quello di oggi, dove il mondo sembra sprofondare nel grigiore di equilibri sempre più precari, abbiamo un disperato bisogno di ottimismo, di vivere per  i nostri sogni e di realizzare un futuro scintillante. In questo senso, pensare e indossare il rosa,  non significa guardare al mondo con superficialità, ma riappropriarci dei dettami della femminilità e farla nostra, renderla forte (ma è mai stata debole per davvero?), come una corazza scintillante per affrontare la precarietà del mondo. Con uno sguardo più rosa che mai.

 

 

Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios

2560 2560 Francesca Parravicini
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