Se n’è sentito parlare tanto, sono state date molte opinioni in merito, ma qualcuno ha veramente capito cosa sia la Cancel Culture?
Dopo #metoo, anche #cancelculture è stata eletta “parola dell’anno”. Il primo, un movimento venuto alla luce in seguito alle numerose denunce di molestie sessuali subite da donne del mondo dello spettacolo.
Il secondo è un termine legato al primo perché a supporto della completa eliminazione di determinati personaggi dalle scene, per la loro sexual misconduct. La Cancel Culture è diventata poi il centro nevralgico di un dibattito internazionale dal momento in cui numerosi scrittori si sono espressi in merito, attraverso una lettera aperta su Harper’s Magazine.
Ma l’interrogativo rimane.
E per me è rimasto vivo per settimane, leggendo, documentandomi, anzi si sono moltiplicati i dubbi su cosa fosse la Cancel Culture.
Visualizza questo post su Instagram
Una definizione del concetto di Cancel Culture
Sono riuscita a farmi un’idea più concreta sulla Cancel Culture, e necessariamente Call-out-culture, leggendo le parole di Loretta Ross che definisce la Cancel Culture come una cultura: “where people attempt to expunge anyone with whom they do not perfectly agree, rather than remain focused on those who profit from discrimination and injustice”.
Mi sono chiesta istintivamente quale fosse la differenza tra questi due concetti.
La Cancel Culture si mette in atto come reazione agli errori. Ovvero, data la maggiore esposizione e visibilità dei personaggi pubblici (e quindi la loro capacità di veicolare messaggi e influenzare le normal people) come reagisce la società agli errori commessi? Si parla di cancellazione perché è sempre più diffusa la volontà ad escludere totalmente il soggetto preso in causa da qualsiasi ambiente.
Mentre la Call-out Culture è una forma di protesta che mira alla denuncia e all’esposizione mediatica e virtuale di problemi ai quali si pensa non venga data la giusta attenzione.
Il potere della comunicazione online è fondamentale per rendere la Call-out Culture uno strumento fruibile da parte di chiunque che, tuttavia, ha una confine molto labile con la Cancel Culture. Basta veramente poco per passare dalla parte di chi vuole fare “la giustizia dell’Internet”, essendo partiti con tutte le buone intenzioni di chi avrebbe voluto dare spazio ad un determinato problema e farne prendere coscienza all’intera società. Se non fosse ancora chiaro la Cancel Culture è un’esasperazione aspra della Call-out Culture ed ha in sé aspetti tossici che non producono un discorso critico.
Cancel Culture e femminismo
Non è mia intenzione proporre il mattone da cui tutti fuggono appena si introduce il tema del femminismo. E allora perché Cancel Culture e femminismo? Qual è il punto di contatto?
La risposta è talmente banale da essere difficilmente riconoscibile. Il punto di contatto è l’umanità. Accade molto spesso che venga a mancare la sensibilità negli essere umani, in altre parole la capacità di immedesimarsi in una situazione che capita ad altri e nella quale si dovrebbe provare ad adottare un punto di vista esterno per comprendere realmente l’accaduto.
Molte discriminazioni trovano origine nella mancata comprensione di una situazione, di uno stato d’animo. In questo senso il concetto di femminismo, superata la banalissima connessione femminismo-questioni femminili, porta avanti diverse lotte che non riguardano solo la sfera femminile ed è così che si connette alla Cancel Culture.
Ci riprovo. Il punto di contatto tra femminismo e Cancel Culture è dato un frame che vediamo ripetersi di frequente nel mondo in cui viviamo.
Oggi è diventato quasi normale vedere un altro soggetto soffrire e provare gratificazione, o meglio gioire perché “l’altro sta messo peggio” invece di cercare di migliorare sé stessi. Arrivare quasi ad ossessionarsi con la vita degli altri, in maniera indistinta, solo per potersi sentire bene sapendo che c’è chi sta peggio di noi.
Puntare alla parità a ribasso.
Siamo costantemente spettatori di un mondo in cui un individuo fa qualcosa di sbagliato/negativo e, implicitamente, merita di essere eliminato, radiato, cancellato. L’aspetto fondamentale, a mio parere, che rende tossica questa Cancel Culture è la mancanza di consapevolezza.
Chi potrebbe affermare di non aver mai sbagliato?
La Call-out Culture è la risposta che state cercando se, al netto di un’analisi obiettiva, reputate comunque che il comportamento adottato sia assolutamente e insindacabilmente negativo.
Visualizza questo post su Instagram
E, lo prometto, arrivo alla fine di questa riflessione.
La Cancel Culture e la Call-out Culture sono diventate note soprattutto perché messe in atto anche verso personaggi famosi. Alle volte il personaggio non può prescindere dalla persona quindi non possiamo trovarci a giustificare la persona solo perché il personaggio ha conquistato in passato la nostra simpatia o la nostra stima.
Dunque “Il libro di Woody Allen non lo compro” diventa un’affermazione sensata, dietro un ragionamento consapevole di Call-out Culture.
A proposito di Cancel Culture, cancellare e rimuovere completamente dalla memoria una persona o un’azione non solo è sbagliato ma anche controproducente. Denunciare un errore e dare rilevanza ai problemi insiti nella nostra società è giusto quando si ha il fine di migliorarsi e migliorare il mondo in cui si vive. Farlo con sensibilità e pensiero critico è un dovere.