Meta come X sul fact-checking: cosa potrebbe andare storto
Bufale e notizie false, create apposta o semplici frutto di cialtroneria congenita, muovono il mondo delle condivisioni online e si riflettono anche sui quotidiani, online e cartacei, amplificando a dismisura l’inquinamento della disinformazione. Una discreta parte di responsabilità nella diffusione delle fake news spetta sicuramente ai social media, che hanno semplificato e reso accessibile a tutti la fabbrica delle notizie inventate, supportate anche da immagini e video generati solo per trarre in inganno i lettori più puntigliosi (per gli altri erano sufficienti poche righe sgrammaticate).
Da tempo X è al centro di critiche e abbandoni più o meno plateali a causa della scelta “politica” del suo dominus di passare armi e bagagli alla corte di Trump. Ma anche per il sistema di segnalazione dei post dai contenuti fasulli, inventati o tarocchi che è stato amichevolmente denominato “Note della collettività”, uno strumento che mirerebbe a “creare un mondo più informato, consentendo agli utenti su X di collaborare aggiungendo informazioni contestuali a post potenzialmente fuorvianti. I collaboratori possono lasciare note su qualsiasi post. Se un numero sufficiente di collaboratori, con diversi punti di vista, valuta utile una nota, questa verrà mostrata pubblicamente su un post”.
In buona sostanza sono i lettori a decidere se un contenuto è vero e corretto oppure no, con l’evidente rischio che le valutazioni siano a loro volta frutto della posizione politica o culturale degli utenti-valutatori. E per non farsi mancare nulla, X ha anche introdotto la possibilità di inserire nei post delle immagini generate dall’AI attraverso la funzione Grok immediatamente disponibile vicino al tasto per inserire gif e sondaggi: bastano pochi secondi per mettere così a disposizione degli utenti meno eticamente robusti una immagine inventata sul momento ed utile a sostenere la fake news del giorno.
Stando alle anticipazioni di Mark Zuckerberg, sulla strada della rinuncia alla verifica dei contenuti sembra volersi muovere anche l’universo-multiverso di Meta: basta con i contenuti valutati da esperti e specialisti, meglio rinviare ai lettori e agli influencer la decisione sulla attendibilità di un contenuto e di una immagine, in una sorta di cortocircuito voluto e mirato che sembra voler alimentare le già roventi fornaci della disinformazione.
Fake news Meta
Una lettura interessante della decisione di Meta-man sull’eliminazione dei filtri anti fake la fornisce Butac, rilevando che si tratta di “un cambio di rotta che non elimina le fake news, ma invita tutti a gettarsi nell’arena a suon di discussioni, insulti e guerre di commenti. Su Twitter (X) funziona così già da un po’ e onestamente non ritengo sia efficace in alcun modo. Ma a Zuckerberg, Musk o chiunque debba fare i conti con azionisti e quote di mercato la cosa non interessa, poiché lo scopo è chiaro: tenere gli utenti incollati al social, sempre più coinvolti e arrabbiati. Il sistema scelto da X – e che verrà adottato da Meta – è quello che genera più engagement, più interazione, più dati ceduti, più guadagno dalle inserzioni pubblicitarie, che è l’unica cosa che interessa a questi personaggi. Più vi ingastrite a litigare online, più soldi fanno i proprietari delle piattaforme dove vi ingastrite”.
Un punto di vista che in qualche modo viene ribadito anche da Selvaggia Lucarelli, che sul Fatto Quotidiano scrive della “illusione collettiva che Facebook sia fonte di verità”. In sintesi la giornalista rileva che “i primi grandi fabbricanti di fake news sono proprio quelli che dovrebbero scovarle. A Zuckerberg della verità non frega niente, lui fa l’imprenditore e il capitalista. Chiedere a chi trae profitto dal caos di arginare il caos non è una grande idea”.