Mentre in patria ci si interroga se porre il Cavaliere al centro dell’Empireo o nel più profondo dei cerchi infernali, la stampa estera non ha dubbi: così hanno reagito i principali media del mondo
«Ah, vieni dall’Italia! Pizza, Berlusconi, Bunga bunga!». Per vent’anni, generazioni di italiani hanno sentito questa massima, in giro per il mondo: c’è chi è esploso in una risata, fiero della fama internazionale del proprio premier, e chi si è vergognato del passaporto che aveva in tasca. Silvio Berlusconi è stato certamente una personalità divisiva (non ci si poteva aspettare nulla di diverso dal padre del bipolarismo estremo); il clima da derby tra pro-bandiere a mezz’asta e partigiani del #notinmyname di questi giorni, ne è l’ennesima e ultima dimostrazione. Unanime, invece, è il giudizio della stampa estera sull’operato del Presidente, sebbene ciascuna testata giornalistica abbia voluto approfondire un aspetto della sua vita.
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Il ritratto che emerge da El País è quello di un illusionista, di un incantatore di serpenti che ha stregato un paese intero per oltre un ventennio. Padre del primo partito-impresa, fondato sui dis-valori del nepotismo e del clientelismo (compadreo), ha proposto agli italiani una exitosa bebida, un cocktail di successo con pochi semplici ingredienti: politica, pubblicità e sport, la religione laica d’Italia. Guarnisce il tutto la promessa di applicare il suo modello di successo alla cosa pubblica ed ecco che una nazione intera si è ritrovata ai suoi piedi.
Forza Italia, la sua creatura politica è descritta come una legione variopinta di “impiegati di Fininvest, opportunisti, vecchi esponenti della Democrazia Cristiana, cabarettisti e presentatrici di Canale 5”: non proprio il ritratto della perfetta classe dirigente.
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Tra i quotidiani internazionali spicca il tedesco Der Spiegel. che ha approfondito più di tutti la figura, e le figuracce, dell’ex premier, ricordato come “la canzonetta più pericolosa d’Italia”, l’inventore del trash italiano e l’artefice del populismo moderno. Nonostante il tempo passato, la Germania non dimentica frasi come “la proporrò per il ruolo di kapò” o la fake news della “culona inchiavabile”, così rispolvera la top 10 delle uscite infelici del Presidente. Troviamo:
- Febbraio 2002: le corna al Ministro degli Esteri spagnolo durante una foto di rappresentanza.
- Giugno 2005: si vantò delle sue arti seduttive con cui aveva convinto la presidente della Finlandia ad assegnare un’agenzia europea all’Italia.
- Novembre 2008: dopo l’elezione di Obama, lo definisce “giovane, bello e abbronzato”.
- Aprile 2009: consiglia alle migliaia di sfollati del terremoto dell’Aquila, di prendere la permanenza nelle tendopoli come un “weekend in campeggio”.
- Dicembre 2022: la promessa di un “pullman di troie” nel caso il Monza avesse battuto la Juventus.
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I toni si fanno più taglienti andando in Francia, dove Le Figaro parla di “gigante della destra italiana” e di scandaleux Cavaliere. Anche i cugini d’oltralpe si interrogano sull’eredità che lascerà, sull’immagine che la Storia ricorderà di lui: “quella di un gentile golden boy, dell’istrione sempre pronto a scherzare e a fare molteplici gaffe, di un Vert-galant che non risparmiava nessuna barzelletta”? Quella del Caudillo democratico capace di mischiare politica e affari, abituato al conflitto d’interessi e che, una volta al potere, si è sempre preoccupato di proteggere solo i suoi beni? L’amico dei dittatori? L’inventore del populismo mondiale? Hanno l’imbarazzo della scelta: certo è che i francesi non abbiano una sua beatificazione in programma.
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Oltremanica, patria per antonomasia dell’aplomb, si sono ricordati delle cadute di stile del Presidente: il Mr. Obamaaaa! urlato in presenza della regina al G20 del 2009, è cristallizzato nella mente dei sudditi inglesi. The Times, dopo aver riportato la notizia della morte dell’ Italy’s scandalous celebrity Prime Minister, si concentra venalmente sui risvolti economici della scomparsa di Berlusconi: il primo articolo suggerito nella homepage del quotidiano britannico infatti recita “quale dei cinque eredi di Berlusconi si impadronirà del suo impero?”. Il giorno successivo invece, opta per l’approccio satirico, ripercorrendo la “scandalosa vita di Silvio Berlusconi in cartone animato”, grazie alle vignette di Peter Brookes. Burlesque-oni è il titolo di una di queste: ogni descrizione è superflua, basta l’immaginazione.
Dalle colonne del Washington Post tuonano giudizi sull’incapacità politica del Cavaliere, un “piccolo colosso che ha comandato la penisola italiana per trent’anni, monopolizzando i media e i poteri”. Sotto il suo “sguardo distratto”, il Belpaese è scivolato nel malessere sociale e nel disastro economico: la crisi del 2008 non fu una sua diretta colpa, ma il suo tanto amato libero mercato non credeva nelle sue doti imprenditoriali applicate alla cosa pubblica. Il giornale americano ironizza sul suo aspetto fisico, descrivendolo “grassoccio, con un taglio di capelli creativo e la carnagione color mandarino”; aggiunge al pacchetto le accuse di evasione e di misoginia: parlano del nostro ex presidente o del loro? Forse gli Stati Uniti, più di tutti, hanno un motivo in più per disprezzare l’operato dell’archetipo di Donald Trump.
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Fuori dal coro i racconti dal mondo dello sport: molte testate celebrano la sua presidenza al Milan, quella della rivelazione di Sacchi, del trio olandese Rijkaard-Van Basten-Gullit e delle cinque Champions League vinte. Un vero e proprio miracolo rossonero, che ha contribuito a riportare il club meneghino sul tetto d’Europa: il francese. L’Equipe opta per il romanticismo e racconta la longue histoire d’amour tra la squadra e il Presidente, attraverso una galleria fotografica dei momenti più iconici. Lo spagnolo Mundo deportivo dice adìos al constructor de un Milan de leyenda, riportando sì i momenti di gloria, citando tutti e ventinove i trofei vinti nell’era Berlusconi, ma anche le ombre di Calciopoli che penalizzarono fortemente il club. Il brasiliano Folha de S. Paulo riporta le condoglianze social di allenatori e giocatori che hanno incrociato, lungo il loro cammino, l’inesquecível Berlusconi (indimenticabile, n.d.r.).
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La memoria condivisa non esiste e prima che possa spuntarne un timido germoglio, ne passerà ancora del tempo. D’altronde, siamo il popolo che pensa che LVI abbia fatto anche cose giuste, che non ha ancora digerito l’Unità d’Italia, che probabilmente, sotto sotto, un po’ continua a tifare per il Papa, un po’ per l’imperatore. Non c’era paese più spaccato in cui il Cavaliere potesse nascere e prosperare.
Illustrazione di Gloria Dozio – Acrimònia Studios